Nordic Grill, via De Amicis 34, Milano
La premessa è d’obbligo. Tre anni fa mi presi una sbronzona di gin talmente epica che, giuro, stetti male per due giorni. Mi rimpinzai con uno di quei gin-urina che rifilano nei cocktail annacquati di quelle serate danzerecce che sai come iniziano e non sai mai come (e dove) terminano. Be’, la mia terminò nella solitudine del mio appartamento che mi girava intorno alla zucca come la Ruota della Fortuna.
Ho accettato l’invito ad assaggiare il gin delle Distillerie Poli con l’innocenza del bambino che infila le sue scarpine Chicco e va alla scoperta del mondo, resettando le brutte esperienze del passato e ripartendo da zero, come una vergine che si avvicina alla sua prima volta. Tanta innocenza.
Mi intrufolo da Nordic Grill, griglieria d’ispirazione scandinava dall’ambiente pettinato in cui domina il legno, tutto immerso in una calda luce soffusa.
La degustazione è nella cantina del locale, che si trova sullo stesso piano della sala principale. Anche qui l’eleganza non manca, archi in pietra fanno da tetto all’abbraccio delle bottiglie sugli scaffali.
Conosco le Distillerie Poli dai tempi in cui facevo il cameriere in Sicilia. Nei ristoranti e pub in cui ho lavorato la bottiglia filiforme della loro grappa è sempre stata presente e m’è capitato più volte di sorseggiarla. Quella dei Poli è una storia di famiglia che si tramanda di padre in figlio dal 1898 a Schiavon, nei pressi di Bassano del Grappa. L’impianto di distillazione impiegato è ancora quello del 1956 modificato ad hoc da Toni, padre di Jacopo, attuale patron dell’azienda insieme al fratello Andrea e la sorella Barbara.
Quindi penso: ma ‘sti qua fanno la grappa, perché dovrei accollarmi il loro gin? E qui casca l’Asimov!
Rompo subito gli indugi, stringo la mano a Jacopo Poli in persona che è dietro al tavolo imbandito con bottiglie, bottigliette e misurini e mi faccio servire un gin secco. Così, a stomaco vuoto.
Prima di accogliere nel mio corpicino verginello il simpatico distillato, Alberto Verrua, responsabile import-export dell’azienda, mi da qualche dettaglio sul metodo di produzione di Marconi 46, che è il nome del gin.
É prodotto con Crysopea, un alambicco sottovuoto a bagnomaria che opera a temperatura molto bassa, circa 70° e che permette di mantenere le proprietà organolettiche delle materie prime impiegate.
Ficco il naso nel bicchiere e una tempesta di odori m’avvolge le narici. Un effluvio intenso ed elegante, sembra quasi acqua di colonia.
Oh, io bevo. Alla salute!
Il primo sorso è spiazzante. Un gusto rotondo ed esaltante stimola l’intera superficie della lingua, un vago sentore dolciastro svanisce lasciando una piacevole coda amara. C’è una forte nota balsamica dovuta alla presenza del pino mugo. Marconi 46 ha un’interessante lista di ingredienti: c’è il ginepro, c’è il pino cembro, ci sono cardamomo e coriandolo, c’è la menta, ma il coup de theatre è la presenza dell’uva moscato che è la firma dei Poli e che crea una connessione con la produzione di grappa. Ha corpo robusto e una forte persistenza aromatica.
Giurin giurello, come ritorno al gin non è affatto male.
Ormai deflorato dal Marconi 46, mi faccio preparare un bell’Airone Rosa, cocktail che include Airone Rosso (l’aperitivo di casa Poli) gin Marconi 46 e tonic Fentimans.
Qui il gin è perfettamente integrato in un insieme molto equilibrato. Il cocktail è beverino e lo faccio fuori in pochi sorsi.
Ed è in pochi sorsi che mi ritrovo allegrotto ma non troppo, desideroso di mettere qualcosa di solido in pancia per scongiurare il rischio di regredire allo stato di scimmia primordiale in mezzo a tanti giornalisti e foodblogger che potrebbero stigmatizzarmi per essermi ubriacato così rapidamente.
Mi volto e cosa c’è? Il tavolo dei salumi e formaggi di Nordic Grill!
M’avvicino con tre passi baldanzosi e mi faccio preparare un piatto Con Tutto che comprende: culatello, prosciutto cotto di San Giovanni, mortadella di fegato, salame, pancetta. E poi formaggi come: bastardo di Grappa, toma, pecorino, brie e caprino. E una scucchiaiatina di mostarda di zucca non gliela mettiamo con della focaccina? Mettiamola.
I miei preferiti sono il culatello che è morbidissimo così come la pancetta, che ha una concia dalle sfumature quasi floreali e il grasso si scioglie in bocca. La mortadella di fegato è eccellente, non ha il proverbiale sapore pesante e nauseante, tant’è che dalle sue parti ci torno spesso durante la serata.
Tra i formaggi sugli scudi il bastardo e il brie, che è quasi burroso. Anche il caprino stagionato ha i suoi argomenti, lanoso e piccante.
Insomma, Nordic Grill promosso sull’affaire-salumi-&-formaggi, mi riprometto di testarne la qualità a cena con una bella grigliata al più presto.
Io però voglio bere, ormai ho preso la volata. Quindi tra una chiacchierata e una mortadella, mi faccio un altro gin secco che ribadisce l’eccellente impressione avuta al primo giro e un gin tonic, anch’esso di un certo prestigio.
L’ebbrezza mi fa dispensare sorrisi e v’abbraccerei tutti se non avessi in una mano il calice e nell’altra una fetta di culatello che penzola pericolosamente.
Ma il buffet fa l’uomo (senza tonno) scroccone, e il solerte cameriere non mi nega un secondo giro Con Tutto quando gli confesso, con parlata controllata ma forse leggermente viscosa, che se non mangio un altro po’ di grassi animali qui finisce a ciucca da manuale anche perché il 46 del nome del gin si riferisce alla sua gradazione.
Io procedo, sorseggio e sgranocchio, mi guardo intorno, parlotto un po’ di qua e un po’ di là e sono avvolto in un caldo abbraccio etilico, di quelli che te la fan prendere bene e ti rassicurano sul fatto che, domattina, non avrai una cartucciera di chiodi conficcati in fronte. Infatti il mattino dopo sono arzillo come un grillo, saltello e scalo pareti, sfido la gravità, agile come un mitile. Ah no, i mitili non sono agili, scusate, ho ecceduto con le rime.
Stay tuna