Adottando un punto di vista superstizioso lo definiremmo un libro “profetico”. Siccome però nella Scienza non c’è chiaroveggenza ma solo il raziocinio e il calcolo matematico dei modelli che “predicono” e seguono gli andamenti di un’epidemia, Spillover è un’opera deduttiva. Come deduttiva è la risalita della corrente narrativa che David Quammen compie in queste 537 pagine (ma non lasciatevi spaventare dal numero, filano liscissime) pubblicate nel 2012.
La Next Big One, ovvero la “futura pandemia” prevista da numerosi studi negli anni passati e che avrebbe sconvolto l’intero pianeta non era questione di “se” ma di “quando”. E il Quando lo stiamo esperendo tutti con l’avvento del coronavirus SARS-COVID-19.
Parole-chiave necessarie
Ci sono voluti 12 anni per scrivere Spillover. Viaggiando in lungo e in largo per il globo (dall’Australia all’Africa centrale, dal sud-est asiatico agli Stati Uniti), con lo spirito degno di Sherlock Holmes Quammen parte dai fatti di storia vera – cronache delle epidemie e storie di singoli individui, sopravvissuti e non – per provare ad arrivare all’origine del tutto, alternando pagine di ispirato reportage ad altre di sontuoso romanzo a metà tra il noir e il thriller. La struttura del libro spezza i consueti schemi del saggio divulgativo. A Quammen piace molto raccontare e descrive le situazioni e i suoi interlocutori con poche frasi ben assestate degne del narratore in stato di grazia. La sua scrittura ha un ritmo incandescente, è essenziale e concisa, mai leziosa, sempre comprensibile anche nei passaggi tecnico-scientifici.
Ci sono 3 parole chiave per collegare i punti e disegnare lo schema-cardine di ogni epidemia: zoonosi, ospite-serbatoio, salto di specie (spillover, appunto).
Una zoonosi è ogni infezione animale trasmissibile agli esseri umani. L’ospite serbatoio è l’animale “portatore sano” del virus che origina la zoonosi. Il salto di specie è l’adattamento che un virus compie passando da animale a uomo.
I tempi si comprimono
Tutte le peggiori epidemie degli ultimi 60 anni sono zoonosi. Vi faccio l’elenco (che potete vedere nel TED-X tenuto dall’autore nel 2013):
- 1961: Machupo
- 1967: Marburg
- 1976: Ebola
- 1981: HIV
- 1993: Hanta
- 1994: Hendra
- 1997: Aviaria
- 1998: Nipah
- 1999: Febbre del Nilo occidentale
- 2003: SARS
- 2019: SARS-COVID-19
Come si nota, negli ultimi 30 anni gli spillover sono quasi raddoppiati rispetto ai 30 precedenti. Oltre all’attuale coronavirus solo l’AIDS, causato dal virus HIV, è ancora oggi costante pandemia globale con oltre 30 milioni di morti in 40 anni. Una catastrofe silenziosa con centinaia di migliaia di sieropositivi inconsapevoli (in risalita tra i più giovani anche in Italia per lo scarso uso del preservativo, malcostume figlio di un’assente educazione sessuale nel nostro paese. Mio piccolo inciso). Gli altri virus appaiono e scompaiono, a volte tornando a nascondersi.
Le domande alla base di Spillover sono: da dove vengono i virus che ci infettano? Quali circostanze costringe un virus a entrare in contatto con l’uomo e compiere il salto di specie? Quali animali li ospitano prima che avvenga il salto di specie? E in quali tornano quando spariscono momentaneamente?
Ogni capitolo è dedicato a una zoonosi. Quelli su Hendra, il cui incipit è degno di un thriller di Cormac McCarthy, ed Ebola mi hanno tenuto col fiato sospeso in più punti – per chi ama scrivere questo libro è un manuale di stile. Non ci sono particolari morbosi delle malattie, gli esseri umani, incredibilmente, sembrano stare sullo sfondo del tutto.
Quammen si concentra sugli equilibri naturali spezzati e sui microscopici nemici, ne descrive il funzionamento come le differenze tra RNA e DNA, le innumerevoli mutazioni che nella grande maggioranza sono tentativi falliti di sopravvivenza ma quando s’imbocca quella giusta può essere una catastrofe inimmaginabile. Ma soprattutto spiega con lucidità disarmante che le epidemie non sono disgrazie accidentali ma eventi prevedibili nel grave stato in cui verte il pianeta. Non sono i virus a volerci, siamo noi a cercarli con ostinazione.
Non sono i virus a cercarci, siamo noi a sfidarli
L’uomo non ha predatori naturali, quanto meno di taglia superiore. La Natura gli riserva quelli invisibili. Non attaccano all’esterno, ci divorano dall’interno. Ma la Natura non è né buona né cattiva, è un macrosistema il cui unico scopo è mantenere un equilibrio e i virus non sono creature micromostruose assetate di vite umane ma esseri (per alcuni scienziati addirittura “non-viventi”) che lottano per sopravvivere. È evoluzionismo spiccio.
L’esplosione demografica planetaria senza precedenti nella storia (a oggi siamo 7.796.000.000, cresciamo al ritmo di 81 milioni di individui all’anno) esercita una pressione immane sugli ecosistemi. L’avvicinamento dei centri urbani ai confini con la natura selvaggia aumenta le occasioni di contatto tra umani e animali selvatici, quindi con patogeni sconosciuti e potenzialmente letali.
La costante distruzione di foreste costringe i virus, una volta “sfrattati” dai loro ospiti-serbatoio, a una scelta non razionale ma squisitamente evolutiva: estinguersi o cercare una “nuova casa” per tramandare la specie? Quammen, quasi a rimettere nelle nostre mani la soluzione del dilemma, domanda con cinico sarcasmo: “voi che fareste se vi trovaste a disposizione 7 miliardi di potenziali nuove case?”. Le nuove case siamo noi, abbondanti e mai ferme, pronte a facilitare i traslochi.
La cattura di animali selvatici e il consumo della loro carne sono autostrade in rettilineo per i virus. I mercati di animali vivi dell’estremo oriente tanto stigmatizzati possono rappresentare comodi capri espiatori, sebbene assolutamente verosimili. Allevamenti con migliaia di capi di bestiame – che mangiano milioni di tonnellate di mangimi prodotti grazie al disboscamento – stazionano ammassati l’uno accanto all’altro mentre dal tetto cadono gli escrementi di pipistrelli, i più prolifici tra gli ospiti-serbatoio di patogeni letali per l’uomo. Basta un contatto e si innesca la catena di contagio tra gli animali e quelli più prossimi all’uomo svolgono il ruolo di “amplificatore” della potenza di un virus, perfetti trampolini di lancio per il salto di specie. Probabilmente non lo sapremo mai ma non mi sorprenderebbe se l’attuale coronavirus si fosse amplificato in un allevamento industriale per la produzione di carne prima di colpire il Paziente Zero. Perché, ricordiamolo, le epidemie nascono sempre da un singolo individuo per poi infettare migliaia se non milioni di altri individui e oggi viaggiano alla velocità di un volo intercontinentale. Ospitiamo patogeni che ci premuriamo di trasportare da un capo all’altro del mondo in una decina di ore.
Più distruggiamo le foreste, più costringiamo la fauna selvatica in spazi sempre più ristretti, più la cacciamo indiscriminatamente, più creiamo le condizioni perfette per nuovi e inquietanti salti di specie di virus e batteri.
Le zoonosi
ci ricordano, come versioni moderne di San Francesco, che in quanto esseri umani siamo parte della natura e che la stessa idea di un mondo naturale distinto da noi è sbagliata e artificiale. C’è un mondo solo, di cui l’umanità fa parte, così come l’HIV, i virus di Ebola e dell’influenza, Nipah, Hendra e la SARS, gli scimpanzé, i pipistrelli, gli zibetti e le oche indiane. E ne fa parte anche il prossimo virus killer che ci colpirà, quello che ancora non abbiamo scoperto
Nonostante alla base dell’intero libro ci siano presupposti ambientalisti, non troverete una singola riga di tragico sentimentalismo o brute paternali. Ciò che Quammen riporta sono elenchi razionali di atti violenti contro la Natura. Non apostrofa mai l’umanità con aggettivi accusatori, sono i fatti a farlo. Spillover non è un libro apocalittico o deprimente, tutt’altro. È un avvincente ma equilibrato invito alla conoscenza e un appello a una profonda presa di coscienza. La paura sorge dall’inconsapevolezza e dalla fuga dalle nostre responsabilità. Quammen dimostra con i fatti che le epidemie, al netto dei sensazionalismi mediatici, non sono tragedie accidentali ma i normali effetti dell’enorme pressione che l’uomo esercita su un pianeta di cui si reputa padrone ma in cui è semplice affittuario. E a cadenze sempre più ravvicinate la Natura gli presenta la quietanza.