Lasciatosi alle spalle il successo dei Crowded House, Neil Finn si dedica con minore esposizione mediatica alla sua carriera solista.
Il suo timbro garbato è l’abbraccio confortante di un mattino terso, ma le melodie accompagnano nuvole di malinconia sommessa pronte ad allungare le braccia filamentose fino a sfiorare l’orizzonte.
Le idee sono piuttosto semplici, così come le strutture, che rispettano il canovaccio della forma canzone. A far la differenza sono gli arrangiamenti, minuziosi e perfetti negli equilibri che reggono un pop elegante e mai scontato.
L’amore di Finn per i Beatles zampilla come una sontuosa fontana in un giardino multicolore, Try Whistling Thissi muove tra meravigliose ballate d’autore (Astro, Truth, la disarmante title-track), sfoggi di maestria radiofonica da far impallidire campioni d’incassi come i Coldplay (King Tide, Last One Standing), subdoli hard-rock al netto della forza (Loose Tongue) e sensuali leggiadrie dall’appeal jazzato (Sinner).
La dimostrazione che il pop non è soltanto la caterva di plastica puzzolente da cui siamo quotidianamente investiti.
(parlophone, 1998)
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