Ho tagliato tutta l’introduzione, era un pippone da ricovero.

Ledis end gentelmen, reggetevi forte sui seggioloni, allacciate le bavette di sicurezza e leggete attentamente i passaggi per la costruzione di una…

crema di ceci.

Con yogurt greco.

E una foglia di menta.

L’autunno del cecio… oh, ma che parola dal suono stupido è Cecio. È come, che so, “pistillo”.

Ripetilo. Cecio.

Non ti viene da ridere? A me un sacco.

Cecio.

Cecio.

Eva maiala e Adamo ritardato, stavo facendo un discorso, perché devo sempre interrompere?

Stavo dicendo, prima che mi lasciassi prendere dal cazzeggio linguistico. Il cecio. L’autunno del cecio lenito dal tono rinfrescante dello yogurt e della menta. È una ricetta un po’ rognosa perché molto lunga, ti conviene tra l’altro trovarti qualcosa di supplementare da fare quando te ne dovrai stare per ben 2 ore con le mani in mano.

Ora ti spiego.

Il cecio non è mica una cosa che puoi improvvisare o inventarti aprendo la dispensa, non avendo nulla da mangiare e dici “toh, ora mi sparo i ceci”. No, per niente, Scordatelo. Il cecio richiede dedizione, amore e pazienza. Devi averci una relazione pancreatica. Dati i lunghi tempi di preparazione, devi averne il desiderio il giorno prima di poterlo soddisfare. E non puoi mollare, non devi. È come l’addestramento dei marines. Ci vuole forza di volontà. 12 ore a mollo, 45 minuti per il brodo, altre 2 ore per far sì che il cecetto si renda pronto per il sacrifizio e in tutto questo tempo che scorre inesorabile come l’Acheronte non ci si deve arrendere. È un po’ come predire il futuro, preparare il cecio: sai già il giorno prima cosa mangerai il giorno dopo. Svelate qui le doti predittive del ceciume, se non ne hai voglia, molla la presa.

Cecio. Una parola simpatica. Cecio, se fosse una persona sarebbe un nome da coglione.

Confesso che nel piano originale avevo architettato l’allestimento di una zuppa. Poi però m’è venuta un po’ troppo ristretta, ho quindi optato per una crema. Tiè.

La narrazione della vicenda cecesca partirà solo dopo aver presentato i personaggi. Ovvero:

– 180 gr di ceci secchi (ma se vuoi evitarto l’ammollo, prendi quelli precotti)
– una carota
– una patata
– un gambo di sedano
– un rametto di timo
– alcune foglie di salvia
– un rametto di rosmarino
– un vasetto di yogurt greco colato
– una foglia di menta fresca
– olio extra-vergine d’oliva
– mezzo scalogno
– pepe nero

Ci sarebbe anche un gran bel brodazzo da preparare con

– 2,5 litri d’acqua
– 2 gambi di sedano
– una cipolla
– alcuni steli d’erba cipollina
– 2 cuori di brodo di una nota marca che comincia per K e finisce con RR. NO, non te lo dico come si chiama

Al mattino, prima di imbarcarmi per le mie consuete 8 ore di ufficio, dischiudo una confezione di plastica scoppiettosa con tanti bei cecetti dentro, ne riverso parte del contenuto in una pentola e la suddetta pentola la spingo sotto il fiotto del rubinetto d’acqua corrente, che provvederà a riempirla fino all’orlo, annegando gli ignari ceciuzzi. Che si faranno la loro bella immersione per 12 ore filate-filate, come testimonia lo scatto rapito dal paparazzo introdottosi in casa mia durante la mia assenza e da cui ho acquistato la foto a suon di denari prima che questa venisse venduta a una merdosa e ignorante rivista di gossip letta (letta?) da altrettanto merdosa e ignorante, nonché socialmente inutile gente-di-strada-ma-anche-di-palazzo. Inculatevi, gossippari. Vicendevolmente.

Concentrazione. Parliamo della ricetta, cristo pinguino. Però, volevo sapere quando finirà la moda maschile del farsi le sopracciglia. Mi interessa. Ne riparliamo un’altra volta.

Trascorse le necessarie ore per l’Ammollo e l’ammoglio della cecevolenza, torno a casa sfatto come un soufflé lasciato a marcire sull’asfalto trucido e isolato tipico delle vacanze estive (che metafora), constato la non-avvenuta mutazione genetica e verso i ceci in uno scolapasta, privandoli così dell’acqua.

Comincia qui la Grande Avventura della Ceceria. In tutto questo sarà inevitabile menzionare almeno una volta Cecità di Saramago, uno dei libri più belli che abbia mai letto. Solo che già sapevo come finiva perché inavvertitamente lessi in precedenza Saggio sulla Lucidità, che in parole crude sarebbe il sequel di Cecità. Se non lo hai ancora letto, sappi che il cattivone che stupra le donne nel manicomio in cui i cechi sono confinati, viene ammazzato dall’unica donna vedente con un colpo di forbice, non ricordo se alla gola. Ecco, che cazzo, così anche tu non avrai come me il piacere di scoprirlo perché già lo sai. Che fastidio, vero, quando ti spoilerizzano libri e film. Sono un moccioso dispettoso. Gnègnè.

Preparo il Super Brodo. Due litri e mezzo d’acqua che porto a bollore in una Super Pentola e in cui immergo sedano, cipolla, una manciata di steli di erba cipollina e due cuori di brodo della nota marca che fa Innamorare-In-Cucina le persone. Cottura: 45 minuti, ma anche un’ora non dispiace.

Nel frattempo, afferro un pelapatate dal cassetto in cui è custodito, estraggo dal frigorifero quel che mi serve e, via col pelamento: una patata, una carota. Il sedano non devo pelarlo ma devo lavarlo per bene perché ha lievi crosticine di terriccio. Pelo e taglio a dadini tutto l’ambaradàn

Trascorsa l’oretta di sbrodolamento del brodo, molto bene, posso procedere con la base di questa Zuppa-che-poi-diventò-Crema.

Evviva il So(no)ffritto: partecipano il noto pornodivo olio extradeflorato d’oliva, uno scalogno-che-non-porti-scalogna tritato con benevolenza, amore e pedanteria e tre saporitissimi rametti di: timo, rosmarino e qualche foglia di salvia.

Ah, godo, godo davvero. Una volta scaldati a fuoco dolce l’olio e lo scalogno, sfrigolante e lievemente appassito (lo scalogno), catapulto i rametti laggiù ed è un tripudio di aromi e odori tanto che mi si rizza la barba seduta stante. Già pregusto il trionfo organolettico, ma prima ci vorrà un bel pezzo.

Il soffritto s’è ben aromatizzato con l’addizione degli aromi preposti per l’aromatizzazione, via quindi col resto della roba: cubetti di patata, cubetti di carota, cubetti di gambo di sedano, cubetti di Picasso, cubetti di tua nonna. No scherzo. Patata, carota e sedano arricchiscono la festa soffrittica. Mescolo e rimescolo facendo rosolare come un Rubivirus, qualche minuto di scrshhh e frlshhhh, ovvero il suono del rosolamento o rosolaggio che dir si voglia, cari miei chef-cinque-stelle e si passa allo step successivo. Lo step. Quanta Inghilterra in me.

Poi, mio/a devoto/a lettore/lettrice, ricordi i ceci? Quelle sferine legumose giallognole? I veri protagonisti di questa leccornia che ti farà leccare persino le cornee per la felicità, fringuellino/a mio/a. Ecco, visto che te li ricordi, loro rientrano in scena e si ficcano nella pentola dove il resto delle comparse sta sfrigolando e anche loro si fanno una rosolata come Dio comanda. Scrshhh, frlshhhh, scrshhh, frlshhhh. L’olio echeggia sfrigolio. Brum brum.

In tutto ciò, non te l’ho detto, ma ho già filtrato il brodo con la mia consueta chinoise, ed è pronto per inondare come il Nilo il SuperMegaSoffritto di cui ti ho fin qui descritto le tappe evolutive.

Niente mestoli, niente cucchiai, niente imbuti. Verso i 2 litri che mi sono rimasti nella pentola, che viene così totalmente ricoperta di brodo. Alzo la fiamma, metto il coperchio e porto a ebollizione. Una volta sbollicinante, tolgo il coperchio e lascio andare a fiamma media per BEN 2 ORE.

Cristo, 2 ore. Mi mordicchio le unghie per la disperazione. Che faccio in queste due ore? Un giro in corso Buenos Aires? No, non sono abbastanza sbronzo. E se poi mentre sono fuori sobrio la fiamma si spegne e c’è una fuga di gas e la casa si riempie di gas e poi rientro in casa, già colma di gas e accendo la luce e la lampadina fa una scintillina che reagisce col gas e questo gas s’infiamma e fa un botto pari a BOOM? No, rimango in casa a osservare la fiamma. Magari no. (come vedi ho evitato l’indisponente e inflazionato: “Ma anche no”. Francamente, lo detesto essendo un tormentone. Vedi incipit).

Ti dico cosa faccio in queste 2 ore di cottura. Eventi realmente accaduti:

– Estrazione della biancheria sporca dal cesto e conseguente introduzione nella lavatrice attraverso l’apposito sportello. Programma: lavaggio a mano / 40° / 400 giri di centrifuga / 42′ di lavaggio totali
– Spalmamento del corpo sul divano con libri in mano da alternare: Joseph Heller, Comma 22; C. G. Jung, Psicologia e alchimia
– Sottofondo musicale, in rigorosa successione: David Crosby, If I Only Could Remember My Name;Alexander Tucker, Dorwytch; James Blackshaw, Litany Of Echoes (superlativo), Feist, Metals

Discorso con la Famigghia in collegamento telefonico dalla Sicilia

Dato che è passata un’oretta scarsa, faccio una foto, così, a cazzo di leprotto.

Dopo 2 ore di sbolleggio molesto, la signorina Brodaglia, perpetua della parrocchia laggiù, s’è ridotta un botto, in parte passata a miglior vita sotto forma di spirito vaporizzato, in parte assorbita dalla Santissima Dualità Cecio – Soffritto.

Giunto al termine della sfiancante cottura, posso passare all’ultimo livello, quello dove mi tocca liberare la principessa scagazzando sulla testa del drago che la tiene in ostaggio. Mi armo allora della letale arma che disintegra il maligno: il mini pimer. Il cecio va frullato per cremizzarsi.

L’Uomo Senza Tonno si destreggia con estro tra le palluzze di cecitudine e ne smantella un bel po’ ma non tutte. Non mi serve una crema inconsistente, dei ceci interi vanno lasciati per avere qualcosa di solido.Ottengo codesta purea. Assaggio e aggiusto di sale e pepe nero.

Plin, plin, un attimo di attenzione, pliz’. Interviene in questa serata di gala, col suo bel vestito a puà, loYogurt Greco.

Applausi.

È il tocco di sciccheria che mi serviva per rendere questo piatto meno scorbutico e antipatico e cecibondo.

Eccoci qui. Lascio raffreddare un po’ la crema perché il tutto va servito tiepido. La verso in una ciotola di terra cotta, schiaffeggio sopra un bel cucchiaio di yogurt greco e guarnisco con una foglia di menta fresca.

XXX-WARNING-XXX: la menta va mangiata insieme al resto, è parte integrante del piatto.

La cremosità dello yogurt eleva in una dimensione sopraffina la crema, già di per sé ricca di aromi. La menta, poi, dà un tocco di freschezza. I toni silvestri di salvia, timo e rosmarino straripano e sostengono i ceci, rimasti un po’ dolciastri.

Che si serve tiepido l’ho già detto, come accompagnamento sono ottimi i consueti crostini di pane oppure, se proprio si vuole esagerare, delle cialde di grana padano, pronte in pochi secondi stendendo del formaggio in un foglio di carta forno e mettendo per 10 secondi nel microonde. Lascia raffreddare per qualche istante e slurpatele tutte.

Il Disconsiglio: è un piatto rustico, molto folkeggiante, quindi l’abbinamento non può evadere la dimensione cantautorale. In virtù di tale assiome, la crema di ceci con yogurt va servita con un buon: Bill Callahan, Sometimes I Wish We Were An Eagle, annata 2009.