Riflettevo su come, per alcune persone, gli istanti che precedono l’assaggio di un piatto nato su accostamenti improbabili di ingredienti, equivale a entrare in una stanza buia dove si ha il timore di imbattersi in qualche oscura creatura.Una via di mezzo tra orrore e repulsione, seguito dallo sbiadito elettrocardiogramma della paura sboccia sulle facce, neanche gli stessi propinando un risotto al napalm. Non mi riferisco nello specifico alla ricetta di questa settimana – accolta a priori con parecchia curiosità da quei pochi a cui l’ho rivelata – ma è uan riflessione ad ampio respiro.
Colto quindi il parallelo tra il timor-d’assaggio e la paura del buio, sono partito in quarta alla ricerca di nozioni su tale fobia, convinto che ne avrei cavato un’introduzione da favola per questo post. Chi non se l’è mai fatta sotto quando la mamma spegneva la luce della cameretta la sera, prima di dormire e ogni rumore, anche il più impercettibile dei cigolio o dei soffi di vento, si trasformava nelle trombe che annunziavano l’Orco Divoramarmocchi?
Hai per caso tenuto il pannolino fino ai 5 anni? La Pampers ti ringrazia per un anno in più di profitti.
La paura del buio. Cerco, clicco e leggo, zompetto da un sito a un altro, trovo notizie abbastanza scontate, alcune piuttosto opinabili, altre scritte alla cazzo di cane da opinionisti & parapsicologi parecchio sfigati, insomma, niente di utile.
Quel che ne cavo è che, se sei adulto e le tenbre ti mettono ansia, allora la colpa è di traumi infantili, che so, magari di quel gran bastardo di tuo fratello che ti ha rinchiuso nello sgabuzzino al buio quando avevi 4 anni dicendoti che la strega strappapalle si sarebbe materializzata alle tue spalle dalla vaporella poggiata nell’angolo. O quei rincoglioniti dei tuoi genitori che, per farti tornare in cucina mentre esploravi il mondo a 2 anni saltellando sulle punta dei piedi, ti dicevano che di là c’è il lupo. Ringrazio il cielo di aver avuto genitori intelligenti che non hanno mai usato questi imbecilli sotterfugi e, personalmente non ho mai fatto una cosa del genere coi miei nipoti. Se non sapete fare o genitori, non fate figli. Sterilizzatevi, per cortesia. O guardate più televisione.
Comunque, racimolo tutte ste scontatezze qua, quando a un certo punto apro un sito e comincio a leggere. Fico, la paura del buio ha dei corrispettivi nel gergo scientifico. Uno è acluofobia: deriva dal greco aclus, “oscurità” e da phobos, “fobia”. Niente di eccezionale, anche se, spostando la L dopo la U, verrebbe fuori… ok, quella cosa lì. Ma il bello arriva qui. La paura del buiosi chiama acluofobia o… SCOTOFOBIA.
In un nanosecondo ho aggiunto mentalmente la R mancante.
Buhauhauhauhauhauhauauahuaua, scusami, ma sono esploso in una risata talmente fragorosa che penso si sia sentita fino a Piazza Duomo. Era mezzanotte inoltrata quando l’ho letto e il risatone diabolico rigurgitato dalle mie fauci ha fatto tremare la spina dorsale dell’intero palazzo. Non riuscivo a prendere fiato. Lo so che è stupido, ma pensaci. Hai paura del buio? Sei SCOTOFOBICO!
Buahuahauhauahuahuahauhauaha, non ce la faccio. Abito in un condominio rispettabile, se faccio casino di notte mi inviano le teste di cuoio direttamente in camera da letto e mi fanno sparire dalla faccia dell’Universo. Anche in ufficio, il giorno dopo, ridevo come un coglione. Per non dimenticarlo mai, ho persino appuntato il nome in un post-it che tengo penzolante sullo schermo del pc nella mia postazione lavorativa.
La Scotofobia.
Scotofobia.
Ma non ti viene sta strapparti la pancia a morsi per le risate?
Dato che ho fatto questa scoperta, non potevo che fantasticare sulla SCOTOFOBIA. Nel teatrino della mia mente si è così aperto il sipario e si sono materializzati i seguenti scenari.
Cosa potrebbe mai essere la SC(R)OTOFOBIA?
– Scenario 1
Le avventure del Mostro Scrotino, l’infastidisci-vergini-dormienti
Un’antica leggenda diffusa nell’inesistente 27esimo cantone svizzero, narra delle incursioni notturne di questa strana creatura che persino Borges voleva inserire nel suo Manuale di Zoologia Fantastica. Nottetempo, il Mostro Scrotino va alla ricerca di contatti carnali con le vergini sfruttando le tenebre. Però, prima di ogni visita, il Mostro Scrotino passa dall’ufficio anagrafe del Comune e consulta l’età dei componenti dei nuclei familiari cui deve far visita. Non si sa mai ci sono minorenni. Niente denunce per pedofilia, non vuole scazzi del genere. Appurata la presenza di soli maggiorenni in tali famiglie, si introduce in casa traspirando dalle pareti grazie alla pozione magica trafugata al Mago Otelma e composta da essenza di calzini di Giuliano Ferrara ed estratti salivali raccolti dai baci tra la Santanché e Sallusti. Roba che solo un coprofago potrebbe ingerire. Ma lui può. Dicevo, traspira dalle pareti, penetra in profondità nello sporco, si inoltra tra i corridoi avvolti nell’oscurità e afferra le vergini. Visti i tempi, di vergini maggiorenni non ne trova parecchie, per questo è un mostro poco noto, causa la sua ridotta attività. Ma quando ne trova una, zàc, compie il suo atto abominevole. Si avvicina alla vittima nel pieno della fase r.e.m., preferibilmente mentre russa con tanto sfiatino sibilante, le sussurra un ruttino alla cassoeula e le porge un enigma: “è meglio un’anatra tra gli interstizi delle dita dei piedi o un barattolo di marshmallow incastonato nell’ombelico?”. Non importa quale sia la risposta, del tutto inconscia, della Vergine, se mai questa risponderà, dato il sonno e lo stordimento del ruttino. Lui si avvicina, tira fuori le mani dell’illibata dalle coperte e le fa accarezzare le sue due testoline rugose e pelosette. Il giorno dopo la vergine, turbata dall’incontro, avrà una voglia matta di farsi deflorare.
– Scenario 2
La donna impaurita dagli scroti
È un oscuro fatto di cronaca avvenuto in una piccola frazione rurale del Kentucky. Roxanne Culatello, di chiare origini italiane, un giorno ebbe un incontro. Oppressa dal padre, oppressa dalla madre, oppressa dai campi di grano, oppressa dallo smalto che non asciugava rapidamente, conobbe un giovane, tale Willy Scrotefull, giunto nella sua magione a bordo di un furgoncino rosa shocking che trasportava il mangime per le galline del signor Culatello, suo padre. Roxanne fu fulminata dal suo sguardo intenso e dall’enorme pacco dei pantaloni. Si chiedeva cosa potesse mai nascondere laggiù. Tanta curiosità le faceva prudere le zone-yeah, ma nel contempo aveva tanto timore di chiedere al giovane Willy la natura di quel coso lì. Willy però percepì che la signorinella era interessata a sapere qualcosa su quel quasi-secondo-corpo che albergava nel suo Corpo Principale.
Una notte Willy entrò nella proprietà dei Culatello e chiamò Roxanne da sotto la finestra della sua camera. Questa scese e andarono insieme nel granaio. Tra una palla di fieno e un’altra, tra una lingua rotante e una a punta-di-trapano, Willy si sfilò tutto l’occorrente di dosso e, voilà, svelò il suo segreto. Sotto le brache nascondeva due palloni da basket dell’NBA con tanto si scritta Spalding incisa. Willy era un endorser della Spalding in incognito. Ma l’ingenua Roxanne non capii quali piani di marketing ci fossero dietro le azioni del giovane Willy. Lanciato un urlo aberrante, scappò e tornò in casa avvertendo i genitori. Quando il signor Culatello andò a controllare se Willy se ne fosse andato, questi sì, se n’era andato. Mica era scemo.
Da quel giorno Roxanne non riuscì più a toccare un uomo dotato di scroto. In una recente intervista rilasciata all’edizione americana della nostrana trasmissione The Club, la donna ha dichiarato che il suo uomo ideale, oltre ad essere solare, simpatico ed estroverso, dovrebbe recidersi lo scroto davanti ai suoi occhi in segno di amore eterno e fedeltà.
– Scenario 3
La profezia Maya
Uno studioso rimasto anonimo ha recentemente pubblicato un libello di poche pagine in cui afferma che il 21 dicembre 2012, la tanto sbandierata fine del mondo-mannaggia-alle-mode-virali-di-internet avverà secondo modalità diverse da quelle fin qui supposte. Dopo aver tradotto alcune effigi ritrovate in Messico, lo studioso ha rivelato che non sarà né l’avvicinamento del famigerato Pianeta X, né cataclismi, né risvegli quantici e nessun’altra ipotesi fin qui formulata ad annientare il pianeta Terraa
No.
Roberto Giacobbo ha già pronta una puntata speciale di Voyager da mandare in onda durante il pranzo di ferragosto, quando tutti saranno in vacanza a fottersene del dicembre 2012.
Stavo narrando. Cosa succederà? Succederà che tanti meteoriti dalla forma ovaleggiante e dalla superficie peluccosa, che la NASA ha già battezzato col nome di Scroteoriti, si abbatteranno sulla Terra facendo tanti buchetti e donandole un’invidiabile look a pois molto vintage. Ciò genererà la nascita di un campo magnetico che solleticherà le palline di tutti gli uomini e le trasformerà in tanti scoiattoli senza denti che cominceranno a mangiucchiarli tutti. Si chiuderà così il ciclo vitale nato con Adamo. Le donne, non avendo più uomini a disposizione per procreare, si trasformeranno in missili e si lanceranno nello spazio, lasciando così il globo terrestre inabitato.
I testimoni di Geova stanno già aumentando le visite nelle case col consueto motto: Cosa ne pensi della fine del mondo?
Fottitevi, è la risposta più consueta fino ad oggi registrata.
Tutto il mondo è così piombato in un’ansia collettiva, una vera Scroteorite-fobia che solo all’alba del 22 dicembre 2012 potremo constatare se sarà vera o meno.
Bene. Ho sproloquiato abbastanza.
Procediamo.
Il detto della Settimana Santa è: ognuno ha le sue croci.
In tutto questo, mi chiedo Gesù ogni quanti anni fa l’antitetanica in vista del venerdì santo?Chiediamoglielo.
Oh, calma. Non t’arrabbiare. Non si può fare un po’ di ironia su Gesù? Che noia. Ok, allora facciamo così, facciamo come i politici e personaggi dello spettacolo: prima si prendono tutta la libertà che vogliono e insultano gli altri senza ritegno, poi chiedono scusa. Perché le scuse mediatiche sono comode e ricoprono l’individuo di un manto di maturità, lo investono di quella capacità tale da capire di aver sbagliato e indurlo a tornare sui suoi passi. Che magia.
Quindi ti chiedo pubblicamente scus per aver offeso le tue credenze. Ho un comodino in più, lo vuoi?
Oh, se pensi che io sia folle, dillo. Ma se pensi che la follia sia un’aberrazione, rimangiati subito il pensiero senza alcun condimento. Persino la Bibbia mi legittima ad esserlo. Sta infatti così scritto sul libro dell’Ecclesiaste, detto anche Qoelet: un po’ di follia può contare più della sapienza e dell’onore (Qoelet 10, 1). Sì, leggo la Bibbia. Bibbia e Dizionario, i libri più interessanti mai stampati sulla faccia della Terra, e non scherzo.
Infine, un pensiero per la cara Ora Legale. A una settimana dal suo avvento, le ripercussioni cerebrali si fanno sentire. L’Ora Legale è come un diesel, carbura sulla lunga distanza e sfasa i ritmi della mia esistenza. Puttana maledetta! Sì, dico a te, Ora Legale. Guardami negli occhi quando ti parlo. Faccio una Danza della Disgrazia in tuo sfavore e ti auguro l’estinzione il prima possibile. Poi, con delle bamboline voodoo a forma di orologio a pendolo, arrecherò danni a tutta la tua famiglia, facendo perire i tuoi congiunti, nessuno escluso, tra atroci sofferenze e raccapriccianti agonie. Cara Ora Legale, spero che il tuo ano venga colonizzato al più presto da un’orda famelica di demoni coi peni triforcuti, cosicché possano disintegrarti il culo. Ti odio, ti ho sempre odiata e non vedo l’ora che arrivi ottobre per riprendermi l’ora di sonno che mi hai trafugato.
Dopo aver vilipeso anche l’Ora Legale, posso partire con la ricetta della settimana.
Partendo dagli accostamenti improbabili, ti presento una personale rivisitazione di una ricetta trovata per caso in un libro gentilmente donatomi da mia madre. Il pesce in principio era diverso, la spezia in principio era diversa.
Molto bene, schiocco le dita e digito gli ingredienti necessari per un branzino alla cannella. Per un solo esofago, devi avere a portata di mano:
– 1 branzino
– 70 gr di burro
– 1 tuorlo d’uovo
– ½ bicchiere di vino bianco fermo
– succo di mezzo limone (o anche uno intero, a piacimento)
– un pizzico di cannella (meglio se già in polvere)
– sale
– pepe nero macinato
Dopo essere entrato in possesso di un branzino dietro il pagamento del corrispettivo in moneta, mi reco a casa. Raramente chiedo al pescivendolo di pulire il pesce, tanto lo fa così di fretta che mi lascia tutte le schifezzuole. Quindi me lo pulisco da me.
Una volta eviscerato e lavato, sfiletto il branzino, asportando la lisca centrale e tutte le altre lische possibili.
Desquamo i due filetti ottenuti e li adagio in una teglia rivestita con un foglio di carta forno.
In un padellino sorridente, sciolgo 30 grammi di burro. Sciolto, non dorato, non fritto, Sciolto.
Verso il burro sui filetti di branzino.
Tiro fuori dal frigo lo sfigato cartoncino di vino bianco da cucina, riempio mezzo bicchiere e, glu glu glu, lo verso sui due filetti, già imbevuti di burro fuso. Aggiungo una presa di sale.
Forno già pronto a 180 gradi. Infilo la teglia, chiudo lo sportello, guardo l’orologio: tra un quarto d’ora tiro fuori il pesce.
Mentre il pesciolino guizza tra le onde calorifere del forno, preparo parte della salsina che lo accompagnerà.
Separo il tuorlo di un uovo dal suo gemello eterozigote albume. L’albume crepa nell’immondizia, iltuorlo me lo tengo, versandolo in una ciotola di terracotta. Qualsiasi altro contenitore di qualsiasi altro materiale è buono, comunque, non lasciarti influenzare, mio/a giovane amico/a.
Al tuorlo aggiungo del pepe nero macinato, un pizzico di sale e, ta-dàn, un pizzico di cannella. Non troppa, per cortesia, non lasciarti prendere la mano dall’euforia. Per pizzico intendo due colpettini leggeri di un comunissimo contenitore di vetro venduto al supermercato nel reparto spezie. Intesi?
Sciolgo i restanti 40 grammi di burro nello stesso padellino di prima (non li ho sciolti tutti insieme perché non sapevo regolarmi con la spartizione) e li verso nel tuorlo-cannella-pepe-sale.
Batto, amalgamo, mescolo, usa tu il verbo che ti è più confacente o simpatico. Tanto l’azione è quella.Ottengo una salsa uniforme.
Passati i 15 minuti di cottura, estraggo il branzino dal forno, che però non spengo. Si è formato un bel sughetto col vino e il burro insaporiti dal pesce. Cosa faccio adesso?
Prendo i due filetti di branzino e li dispongo in un piatto, che copro con un foglio di alluminio per evitare che si raffreddino. Il sughetto lo verso in una ciotola.
In un pentolino, verso la salsina con tuorlo e cannella e aggiungo il sughetto del pesce. Faccio andare afiamma media e mescolo finché il composto non si addensa. Aggiungo il succo di mezzo limone e mescolo per un altro minuto. Evito assolutamente di portare a ebollizione.
Una volta addensato, il super-sughetto è pronto per la sua ultima missione: insaporire il branzino.
In un momento di assoluta distrazione, molto frequenti del resto quando cucino, caccio la teglia con cui ho tenuto in forno il pesce nel lavandino pensando, tra me e me, che non dovrà mai più servirmi. Mai mi comportai così da mentecatto. Devo rilavare la teglia e ri-guarnirla con la carta forno, perché devo ri-infornare il pesciolozzo.
Dispongo il branzino nella teglia ri-pronta, verso il super-sughetto e rificco tutto in forno che, come ti ho detto, è rimasto acceso. Stessa temperatura a 180° ma stavolta il passaggio è bene più breve, bastano solo 5 minuti affinché il pesce termini di cuocere e si insaporisca del tutto.
Creo la mia guarnizione nel piatto con degli orbitanti micropianeti di prezzemolo – santa maria, devo assumere un consulente coreografico per le presentazione dei piatti, oltre che un fotografo serio – adagio il branzino e verso la salsa. Spolverizzo con un po’ di semi di sesamo.
La tua diffidenza sarà sconfitta al momento dell’assaggio, piccolo lettore. Pensa: l’acidulo del limone, il grasso del burro, il tocco leggermente aspro del vino e la punta speziata della cannella, la salsina è una goduria che si unisce alla delicatezza della carne del branzino, invero uno dei miei pesciolini preferiti.
Fossi in te, sperimenterei.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: il retrogusto dolciastro e un po’ acre della salsa gioca un ruolo fondamentale nel sodalizio col pesciolotto, noto anche come spigola. Il colore giallastro mi riporta in mente toni acustici vivaci, un po’ alla copertina dello storico album dei Primal Scream. Quindi, perché no: Primal Scream, Screamadelica, annata 1991.