Volevo parlare delle opere di un illustratore che mi fa frizzare le sinapsi ma m’è mancato il guizzo. Volevo parlare di un libro che sto finendo di leggere, ma non avendolo finito, niente, non ne parlo. Potrei parlare di qualche bel dischetto che sta uscendo adesso, ma finora i capolavori latitano, tante uscite buone ma roba da Mai Più Senza non ne ho sentita. Certo, i Torche hanno fatto un album di quelli belli ganzi, stoner pieno di fuzz che guarda molto al grunge (filone soundgardeniano) e ai Melvins; Nadine Shah ha fatto capire che l’esordio di due anni fa non era un caso; i Godspeed You! Black Emperor non sorprendono più, ma hanno tirato fuori un dischetto che è un altro bel viaggione. Ancora però nessuno ha spaccato il capello in quattro e mi ha steso. Però, te lo dico, se i debuttanti Algiers continuano su sta strada, il 2015 già a giugno avrà il suo Disco dell’Anno.
Fatto il (breve) punto su quanto m’è finora capitato di sentire quest’anno, posso addentrarmi nel motivo per cui intervengo nuovamente sul mio blogghe. Ovvero, la preparazione di questo che, devo ammetterlo, è uno dei miei Cavalli di Battaglia. Quei piatti che, quando lo slancio creativo latita, infili nel menu perché sai che vai sul sicuro? Quello lì. Ricetta di pura originalità senzatonnesca, ecco come ho espulso dalle mie meningi questi Spaghetti con Ragù di Triglia, Stracciatella di Burrata e Timo.
Ho ragionato molto riguardo quale formaggio accostare alle saporite carni della triglia evitando conflitti gustativi irrisolvibili. Quella di pesce vs formaggio è una diatriba quasi secolare nei circoli dei gurmé e non, ma ritengo che l’integralismo a tavola sia nemico giurato della Libertà Creativa, quindi lentamente ho personalmente scardinato questo tabù. Ma insomma, come cazzo ci sono arrivato? Ho solo immaginato, conoscendo tutti i sapori di questo piatto e le loro qualità: l’acido del pomodoro, l’umami leggero della triglia, il dolce e grasso della stracciatella. Tutti insieme si compensano a vicenda, creando un insieme gustativo ricco ma non troppo forte.
Cosa serve per fare sto primo, ti starai chiedendo. Questo (dosi per una persona):
– 100 g di triglie di fango (o di scoglio)
– 90 g di spaghetti Rummo
– 125 g di polpa di pomodoro (praticamente una scatoletta)
– un cucchiaino di stracciatella di burrata d’Andria
– un cucchiaio di olio extravergine di oliva
– timo
– mezzo cipollotto
– sale
– pepe
– zucchero
La cosa più rognosa di tutta la ricetta è la pulizia delle triglie. Che, giusto per fare un po’ il sapientino, sono rosa perché, quando sono vive e nuotano sorridenti tra le acque del mare, si cibano anche di crostacei che gli conferiscono questo colore. Ora che ti ho confidato questo segreto fisionomico, la triglietta la pulisco così: a) desquamazione (passando il coltello dalla coda verso la testa e dalla parte opposta a quella tagliente della lama); b) eviscerazione; c) decapitazione; d) sfilettatura; e) de-pinnizzazione; f) deliscatura (con tanto di pinzetta da estetista, quella per le sopracciglia per intenderci); g) lavaggio; h) taglio a tocchetti larghi al massimo un centimetro/un centimetro e mezzo.
Ora si passeggia: trito il cipollotto (non uso la cipolla perché voglio un aroma leggermente più deciso), lo soffriggo in padella con un cucchiaio di olio extravergine d’oliva, aggiungo la polpa di pomodoro e lascio andare a fiamma vivace fino a che non ho ottenuto un buon sugo, che aggiusto con sale e, siccome sono terrone, zucchero. Due minuti prima di togliere dal fuoco, aggiungo le triglie, che necessitano una cottura misera per evitare che la carne si disfi del tutto.
Lesso la pasta e, una volta al dente, la salto in padella – aggiungendo un po’ di acqua di cottura per evitare che secchi troppo.
In un piatto a cappello di prete scaravento un bel nido di spaghetti e al centro, come l’apice di un tempio, scaravento un cucchiaino di stracciatella di burrata, così, bella fredda, che contrasta col calore della pasta. qualche fogliolina di timo e devo solo prendere la forchetta per violentare tanto ben di dio.
– Il Disconsiglio: sapori delicati richiedono un accompagnamento delicato ma che dia un po’ di contrasto. I colori sgargianti e chiari vanno accompagnati da qualcosa di notturno e cupo, quindi va benissimo un bel Portished, S/T, annata 1997