Un piccolo sotterfugio
Quando mi piglia la stitichezza lessicale, non quella fisica, intendo quella delle parole nel senso che non so come far partire un articolo ho due barbatrucchi: o inizio a leggere cose a caso tra libri e articoli sul web nella speranza che quelle parole stimolino la peristalsi linguistica e diano il la all’evacuazione oppure parto a scrivere che non so cosa scrivere e questa meta-narrazione del vuoto mentale aiuta tantissimo perché, come state constatando voi stessi, sono già giunto alla sesta riga circa e non ho detto assolutamente nulla di sensato se non un elogio al vuoto cosmico che alle volte mi attanaglia la favella. Ma quella del blocco è una faccenda seria che non si può risolvere con dei lassativi gastromentali o un clistere morfosintattico, è un dramma con cui chi comunica deve fare i conti, un giorno sì, l’altro forse.
Ad ogni modo mi sono appena tolto dalle palle l’introduzione necessaria ad annunziare con squilli di tromba e trombe che fan l’oppio questo piatto di cui vado fiero e quando vado fiero di qualcosa mi snaso le ascelle per constatare se il mio ph neutro è stato alterato dall’emozione della piena fierezza di me stesso. Scusate, devo assentarmi un attimo per il test olfattivo.
[Dall’altra stanza provengono rumori di violente inalazioni per via nasale ma sappiamo tutti che non sta pippando in bagno. Eccolo di nuovo tra noi, il nostro Tonno]
Rieccomi. Tutto ok. Ph a posto. Procediamo? Procediamo.
Taco, te quiero mucho e mi fai venire la tacchinocardia
Chi mi segue sui miei canili social sa che traccheggio con i tacos da più di 2 anni. Mi piacciono per diversi motivi. In primis sono un cibo democratico, in Messico chiunque può permettersi un taco da mangiare per strada, dall’uomo d’affari al manovale sottopagato. Inoltre il fatto che la tortilla sia una sorta di “posata commestibile” mi fa frizzare i neuroni come un pacchetto di Frizzy Pazzy. E poi, sì, ci sono i tacos tradizionali ma di base si possono creare combinazioni infinite. Insomma, il taco è una tela bianca che colori a piacimento.
Siccome a me fare le cose a piacimento piace, ora vi spaccio un Taco con tortilla al peperone crusco con caponata di melanzane all’aceto balsamico di Modena e cioccolato fondente 100% e stracciatella di burrata.
Per scriverlo tutto ci vogliono quasi 2 righe, lo ben so. Ma vediamo subito quali amici faranno parte di questo party per giovani ma anche anziani, sempre che possano masticare con agilità.
Per la caponata
- Una melanzana nera (ma se la trovi striata è mejo)
- Una cipolla rossa
- Qualche pomodorino, se vuoi metterglielo
- Capperi dissalati
- Olive verdi
- Un gambo di sedano (ma può bastarne anche meno)
- Olio extra-illibato d’oliva
- Aceto balsamico di Modena IGP
- Cioccolato fondente 100, detto anche pasta di cacao
Per le tortillas (circa 6)
- 70 g di Farina mais blu (ma potete usare la masa, farina precotta di mais adatta per queste preparazioni)
- 25 g di Farina grano tenero
- 5 g di polvere di peperone crusco
- 25 g di olio di girasole
- Acqua fredda a sentimento
- Sale
E poi
- Stracciatella di burrata
Dai che sono carico! Prima la caponata che è lunga. Metto le melanzane in uno scolapasta a fa spurgare l’acqua di vegetazione sotto sale per 45 minuti/1 ora. Quando la purga finisce, sciacquo e asciugo, tamponando con della carta assorbente.
Predispongo tutte le verdure: taglio a fette sottili la cipolla; taglio a fette medio-cicciute il pomodorino; dissalo i capperi in acqua fredda (pratica di circa un’ora); affetto le olive verdi (se le trovi denocciolate puoi metterle intere o tagliarle in due); taglio a wannabe-cubetti il gambo di sedano.
Friggo le melanzane in un pentolino da combattimento con olio di semi d’arachide, temperatura di circa 160°C perché non devono diventare croccanti ma solo dorarsi. Calo tutto su carta assorbente.
In un pentolino ancora più piccino sbollento per 2 minuti il sedano, poi lo raffreddo sotto un getto d’acqua fredda (ma vale sempre il principio della ciotola posta sopra del ghiaccio). Mi serve croccante e d’un verde vivace. Non si sottovaluti la sua funzione nel bouquet di consistenze.
In un tegame a bordi alti faccio stufare la cipolla con un po’ d’olio e un po’ d’acqua, giusto un ciccino di sale. Poco dopo catapulto il pomodoro. Dopo circa 10 minuti aggiungo i capperi e le olive, mescolo per insaporire, controllo la sapidità, sai che ti dico, serve un goccino di sale. A ‘na certa giunge l’ora delle melanzane e ci metto pure un cucchiaio dell’olio della frittura che non fa male anzi fa bene alle arterie e alle arti marziali.
Poco prima di togliere tutto dal fuoco compio due manovre. Aggiungo il sedano che deve stare lì a prendersi il calore per un paio di minuti e nulla più. Azzicco l’aceto balsamico quasi in contemporanea, uno o due o tre cucchiai, dipende, qui si va a istinto. Una volta evaporata la nota alcolica la caponata se ne va in un altro recipiente per raffreddarsi. Se questa questione la sbrighi il giorno prima è anche meglio così i sapori copulano per bene durante il riposo e dopo 24 ore ti mangi una roba che non ti sto a dire.
Passo alle tortillas. Sono una roba semplice. In una ciotola mescolo le due farine, il sale e la polvere di peperone crusco. Aggiungo l’olio e lavoro con le mani per creare una sorta di sabbiatura. Verso l’acqua, qui è davvero seriamente a occhio, non ho mai misurato quanta ne serve, sbagliando ho imparato. L’impasto non deve uscire malleabile, leggermente umido ma non troppo, appena si stacca facilmente dalle dita vuol dire che ci siamo.
È un impasto istantaneo che non richiede riposo ma se non va usato subito, un bell’intruscio di pellicola per alimenti e via in frigo.
Per fare le tortillas ci vuole una tortillera, una pressa di acciaio che si trova agilmente sul web Si foderano entrambe le superfici circolari con pellicola affinché l’impasto, una volta pressato non si attacchi, si fanno delle palline e cosa si fa? Si pressa.
Per la cottura consiglio una padella antiaderente per crepes. Per cuocerli basteranno 4 minuti circa a tortilla, quando inizia a fare le bollicine è un buon segno. Non devono bruciarsi né diventare secche, la malleabilità va preservata fino al servizio.
Direi che ci siamo. Manca solo che triti il cioccolato, che però si può fare anche a scaglie con una grattugia.
Impiattazziòh! La tortilla sotto, la caponata sopra, una spolverata di cioccolato e una gigaslappata pornografica degna di un abbonamento a TonnHub Premium di stracciatella di burrata.
E qui è in corso una festa di sapori. La leggera amarezza del crusc si congiunge a quella del cioccolato ma è tutto mitigato dall’agrodolce della caponata che ha 3 livelli di consistenza: l’ipermorbido delle melanzane, il carnoso di olive e capperi e il croccante del sedano. E poi il colpo latteo e pannoso della stracciatella. Minchia, se non godi con questo io non so cos’altro inventarmi.
Il DisConsiglio (perché la musica è come il vino)
La scelta qui non è facile ma non vi rifilo roba latino-americana. Siccome è un piatto “crossover” in cui si uniscono due e più tradizioni, ci vuole un disco simile che supporti la miscellanea. Ecco, Saul Williams, rapper americano, nel 2008 fa un album prodotto da Trent Reznor dei Nine Inch Nails, ne viene fuori un mix di hip hop irruenta e suoni industrial. Io dico che va bene.
Saul Williams, The Inevitable Rise and Liberation of Niggy Tardust, annata 2008