Dovremmo svecchiare l’idea che abbiamo comunemente dei legumi, il più delle volte costretti a fare il bagno in una minestra torbida, magari insipida, circondati da un arcipelago di verdure scotte prossime allo stadio di poltiglia intergalattica. Il massimo slancio creativo che ci si concede è una crema o un paté, vedi l’hummus ormai onnipresente in qualunque pre-cena.
Sebbene la cucina vegana ne abbia sdoganato usi vari ed eventuali, nell’universo degli onnivori c’è ancora circospezione sugli usi “alternativi” dei legumi perché per superarla serve colorare fuori dai bordi, sovvertire un po’ il nostro status quo mentale. Non c’è nulla di rivoluzionario nel piatto che sto per descrivervi ma se negli ultimi 10 giorni, da quando ho ricominciato a vedere e parlare con esseri umani senza interposto schermo, ogni volta che ho menzionato il “ragù di lenticchie” sono stato osservato come un curioso animaletto che non diresti mai essere capace di svitare il coperchio di un barattolo per ficcarci la zampa dentro, mi è venuto da pensare qualcosa sui nostri comuni parametri mentali.
E ora, non è per fare i soliti proclami bloggerecci per decantare la mia creazione ma, giurin giurello, sta pasta al forno non ha nulla da invidiare alla versione classica con puerco o ruminanti assortiti.
Dai, Papà CasTonno, raccontaci sta ricetta
Oh miei piccoli flipper curiosi, vi vedo frementi, volete la ricetta e ricetta sia.
Per ogni storia che si rispetti, serve l’elenco dei protagonisti (dosi a cazzo di iena ridens più o meno per 4 capocce)
- 360 g di rigatoni (ma usa la pasta che ti aggrada, con la lasagna spacchi tutto)
Per il ragù di lenticchie e funghi porcini
- 200 g di lenticchie secche di Castelluccio
- Funghi porcini secchi a occhio
- Conserva di pomodoro pelato (ma ora arriva il pomodoro fresco)
- Uno scalogno
- Olio extravergine d’oliva
- Una foglia di alloro
- Qualche rametto di timo fresco
- Noce moscata
- Zucchero
- Sale
Per la besciamella
- 500 ml di latte fresco
- 45 g di farina 00
- 45 g di burro
- Noce moscata
- Sale
E poi
- Toma artigianale (usa qualsiasi altro formaggio di ti piaccia)
- Parmigiano reggiano grattugiato
Non è difficile, su. Le lenticchie non le sbollento nemmeno, faccio proprio come il ragù “tradizionale”, cottura lenta, lentissima, alla moviola, bradicinetica.
Dai, sto ragù di lenticchie e funghi?
Acchiappo la pentola di coccio, quella giusta per il sugo (giusta per me, eh), soffriggo lo scalogno tritato finissssssimo in olio extra-illibato d’oliva, l’alloro e il timo. Sfrigolando in su per la campagna, appena s’imbiondisce bene il parente stretto della cipolla, calo la conserva di pomodoro pelato, abbasso la fiamma e il tutto viaggia con crescenti bolle su bolle fino a un sobbollimento o sobbollaggio o sobbollazione o chiamalo come ti pare questo fenomeno fisico delle bolle, appena queste sopraggiungono ci svalango le lenticchie. E silenzio in sala, grazie. Si cuoceranno nel sugo e resteranno belle sode come le mie chiappette in un mondo parallelo in cui sono un insegnante di fitness che fa esercizi con le bottiglie di plastica piene d’acqua salvo poi fare qualche stories su Instagram per declamare la mia sensibilità verso le politiche ambientali e dire che la plastica è brutta e cattiva perché non sia mai che non si salga sul carro del vincitore senza avere un briciolo di coerenza. Non dico coerenza al 100% perché è impossibile ma nemmeno sti sfregi paraculi.
Vabbè, sono qui per fare polemica o per raccontarvi le mie gesta ai fornelli e ai forni? La seconda.
I funghi porcini secchi, che vengono dai boschetti del Trentino, li ammollo in acqua tiepida per un tempo indefinito affinché siano abbastanza morbidi da poter essere tritati grosssssssolanamente al coltello. Slavango anche i porcini nel sugo, a un certo punto e continuo la cottura, piccole bollicine. Aggiusto di sale, aggiusto di zucchero.
Volendo un po’ di vino rosso non ci sta male, sai?
Ragù finito, passo al resto.
“Sai fare la besciamella?”
La besciamella è versione classica. Io però il latte non lo scaldo come prescrive l’accademia. Temperatura ambiente. Sciolgo il burro, lo faccio schiumare e addirittura un po’ nocciolare, verso la farina usando una frusta a spirale (che arriva fino agli angoli del pentolino, meglio della frusta da cucina classica), quando il roux è pronto verso, man a mano, il latte. Ottenuta la consistenza che volevo ottenere – né troppo densa, né troppo liquida – grattatina di noce moscata (che va anche nel ragù) e sale. Ti saluto.
Rigatone, non mi hai provocato ma sono cazzi tuoi lo stesso
Cottura della pasta all’iper-dente, praticamente metà perché poi in forno si fa il resto e nessuno vorrebbe mangiare pasta al forno scotta, io per primo. Eppure è uno dei difetti del 90% delle paste al forno su questo pianeta, non so altrove, nelle galassie.
Scolo la pasta, in una ciotola capiente – cioè che capisce le mie esigenze di spazio – unisco pasta e un po’ di ragù e un po’ di besciamella e amalgamo con uno di quei suoni monelli di pura umidité.
Taglio il formaggio a listarelle, una toma artigianale che avevo acquistato dalla giovane coppietta che ha un’azienda agricola nella bergamasca e al mercato porta sempre i suoi prodotti. Acquisto a novembre e metto sottovuoto, dpo tutti questi mesi il sapore del formaggio cambia, è come se stagionasse, il sapore si concentra, la sapidità aumenta così come la piccantezza, che sfriccica il palato. Resta comunque ottimo.
L’ordine dell’inforno
In una teglia di vetro faccio i miei strati tentando di disporre la pasta in ordine: rigatoni, un cucchiaione di ragù, uno di besciamella, listarelle di toma e via discorrendo fino alla chiusura, con un’ingente grattata di parmigiano reggiano.
Solarium in forno, tempi e temperature dipendono dal tuo aggeggio in dotazione, io ho impostato cottura sopra e sotto per 40 minuti a 190° + 5 minuti di grilla a temperatura del demonio, che mi sta sempre simpatico.
Onesto, il porcino dà quella nota che richiama vagamente la carne, le lenticchie sodissime così come la pasta evitano l’effetto-noia durante la masticazione e la toma, bella truce, dà un tocco casereccio che mi ricorda le paste al forno di mia nonna Pina che ci calava una quantità inusitata di caciocavallo. Il rutto soddisfatto è gradito.
Il DisConsiglio (perché la musica è come il vino)
Ci vuole qualcosa che sostenga il sapore deciso, che non soccomba sotto le sferzate del formaggio, l’acidità calibrata del pomodoro, le consistenze toniche. Ragion per cui è d’uopo tirare fuori dalla cantina i Fu Manchu anche perché è bene sporcarsi il baffo.
Fu Manchu, The Action Is Go, annata 1997