Da diversi giorni, mentre svolgo la mia quotidiana attività di lisciamento della barba con una mano e di scaccolamento con un dito, domando al mio Neurone Fritto: Oh, Ma Quant’è Pettinato Il Nuovo Disco Dei Justice?
Lui mi guarda, inarca un sopracciglio croccante e mi fa: Giasti-chi?
Perdonatelo quell’analfabeta. É un cane randagio, un trovatello che ho salvato dalla selva della dementia praecox. Un irriconoscente. Un qulo di sheemmeea.
Ne parlo con voi, che è meglio, Follouà. Tanto lo sapete chi sono i Justice, due di producer francesi che della terra natia mantengono quel sound pettinello che si rintraccia anche nei Daft Punk, mai come in questo nuovo album Woman termine di paragone più prossimo.
Sì, perché il duo guarda spudoratamente alla disco-dance anni 70, sfacciatamente al funky, neanche troppo velatamente a una certa tradizione di soundtrack erotiche, sempre degli anni 70.
eppure, scongiurato il rischio di plagio, i Justice ne piazzano alcune da bava che cola: cioè, io con l’iniziale Safe And Sound ci vado in fissa facile, Alakazam! mi costringe alle capriole sulla sedia, Stop ha quel refrain vagamente gospel che dici Ok, Ve La Concedo. E poi fiotti di sequencer e oscillatori che mi mandano in brodo di giuggiole.
Intendiamoci, io resto del partito Cross ma anche questa prova Random Access Memories-wannabe non è che mi dispiaccia. Anzi.
Anzi. Anzi. Anzi. Anzianità: m’è venuta fame. Mi traslo dal magico mondo auricolare a quello manuale che sfida lame e fuochi: me ne vado in cucina a fare inchiappamenti.
Spiego rapidamente la genesi di questo piatto che potrebbe mettervi i brividi. Non temete.
Una delle FAQ più frequenti è: Perché Hai Messo La Marmellata Nel Risotto? Ti Sembra Una Fetta Biscottata? Pensi Sia Una Torta? Credi Di Poter Scherzare Col Risotto? EH? BASTARDO?
Calma, calma. Posso spiegare tutto (fronte sudata, palmi sudati, gengive sudate, chiappe allagate). Cioè, io, il fatto è che… ecco, insomma: insomma, c’avevo sto baccalà salato, il modo migliore per farci un’altalena era contrastarlo con qualcosa di antitetico, di forte che desse una bella spinta a un piatto altrimenti piuttosto piatto. Ho detto piatto due volte, potere dell’omonimia.
Che dirvi, se vi fa cagare, cambiate pagina. Se non vi fa cagare, leggete come si fa questo dannato Risotto con baccalà, marmellata di arance amare, olio al timo, habanero.
Si comincia, come sempre, dalla lista della spesa (cose per 4 apparati digerenti):
– 360 g di riso carnaroli
– 150 g di baccalà dissalato – altrimenti se prendete quello salato mangiate dopodomani
– marmellata di arance amare – poca, tipo puntini-di-marmellata-d’arance
– 20 cl di olio extravergine d’oliva
– rametti di timo
– habanero
– 1,5 l di brodo vegetale – con carota, sedano, cipolla, alloro, bacche di mirto
– 2 noci di burro chiarificato
– mezzo bicchiere di brandy
– no sale
Le operazioni iniziano ben 3 giorni prima. Infatti, tre-giorni-prima immersi dei rametti di timo nell’olio extravergine d’oliva e li lasciai lì. Una decina di rametti a farsi un’infusione di quelle sontuose, catartiche e antartiche. 3 giorni chiusi in un vasetto e chi s’è visto s’è visto.
(tre giorni dopo)
Faccio il brodino, come le nonne certificate. Sedano, carota e cipolla, qualche foglia di alloro, qualche bacca di mirto, 30 minuti di bollore in acqua che bolle lapalissianamente e cordiali starnuti.
Faccio il risotto. Sciolgo una noce di burro in un tegame di rame stagnato, quello mio, non uso cipolla – non so perché ma non uso più cipolla nel risotto da un pezzo – tosto il riso e quando si eleva un sentore biscottato, catapulto mezzo bicchiere di brandy, pe’ sshfumà. Voi, se volete, usate del più canonico vino bianco.
Passo quindi alle inondazioni di brodo sul riso, il tempo complessivo di cottura sarà di 16 minuti. Dopo 4 minuti cafuddo il baccalà spellato, spinato e tagliato a cubetti. Man mano si sfalda e conferisce al riso il sapore indovinate di cosa? Di baccalà.
Continuo la cottura fino alla fine. Non devo fare null’altro perché il resti della questione si consuma a fiamma spenta, dopo la mantecatura con una noce di burro – non troppo, stavolta non mi interessa avere un risotto cremosissimo.
Trito l’habanero fresco e ne spargo un po’ su. Poi riesumo il barattolo con l’olio e il timo e cospargo qualche goccia qua e là. E infine, la pietra dello scandalo, la marmellata di arance: basta un cucchiaino da dividere qua e là in alcuni punti, in modo che ci saranno parti in cui la sapidità sarà dominante, altre in cui ci sarà un giochino dolce-salato-amaro per via delle bucce di arancia che non si tramuta in nauseabondo. E poi la nota aromatica dell’olio e quella piccante dell’habanero. Manca l’umami e siamo tutti.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: mi bastano i Justice, per stavolta.