Comincia tutto con una telefonata di Marta che mi fa: Senti un po’, ma non ti andrebbe di cucinare un risotto sul Biroccio? É per la festa di Radio Popolare.
Faccio un fischio ai miei 3 neuroni in vestaglia, li convoco in assemblea straordinaria vista l’urgenza della questione e deliberiamo tutti rapidamente che, Sì, mi andrebbe.
Potresti cucinare un risotto inventato da te, dice Marta dall’altra parte.
Merda, penso io, ma non lo dico. Così, su due piedi? è la versione ufficiale.
Prima ancora che Marta possa dirmi Sì No Forse dai recessi più bui del mio inconscio qualcuno si fa un giro mentale di quelli pirotecnici, tipo che pensa Estate -> Qualcosa Di Fresco -> Qualcosa Di Crudo -> Gazpacho. Sì, Marta, dico, un risotto al gazpacho!
C’è scetticismo dall’altra parte ma vengo assecondato. Prometto di fare delle prove e, se ottengo i risultati desiderati, risotto al gazpacho sarà, la rassicuro.
La telefonata finisce. Vado in bagno e mi do degli schiaffi davanti lo specchio ma la folta moquette che agghinda le mie gote funge da airbag. Ma perché devo promettere cose che potrei non saper fare? Perché? Ma lo sconforto svanisce via, il Bushido dei Samurai m’ha insegnato che nelle situazioni ci si va sempre A Cazzo Duro e senza paura. Così penso al gazpacho e alle prove per farlo quadrare.
[Adesso salto a pie’ pari tutta la parte degli esperimenti perché tanto ne parlo durante la ricetta e vado dritto a quando, il giorno della Festa di Radio Popolare, sono montato sull’ape del Biroccio e ho spacciato risotti]
E allora mi trovo il 17 giugno adesso sull’ape del Biroccio per la festa dei 40 anni di Radio Popolare, col sole che pigramente s’inabissa e tinge d’arancio un cielo terso a chiazze dopo due giorni di piogge parenti prossime dei monsoni. Infatti nelle aiuole del parco dell’ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, dove si svolge l’evento che comprende street food, concerti e interventi non chirurgici, c’è fango dalla consistenza fecale. E io più tardi mi smerderò le scarpe.
Ma non fatemi parlare di cacca. Devo parlare di cibaglia, quella che sto preparando agli avventori, a tratti un po’ scettici che, un po’ incerti, dicono Sì, Ok, quando gli dico che ciò che porgerò loro è un risotto mantecato con gazpacho. La mia missione è sconfiggere lo Scetticismo.
Coadiuvato da Dario, attacco a tostare il riso nel burro, lo inebrio con sontuose mestolate di brodo e a 14 minuti esatti, ficco dentro il riso cotto a puntino nei cesti di cartone perché la specialità del Biroccio è il risotto alla milanese da passeggio. O in versione street food, se vi piace di più.
Spaccio a nastro senza tregua, qualcuno apprezza manifestamente, arrivano pure tre follouà che si fanno riconoscere, poi però li perdo dopo averli serviti, spero non si siano sentiti male.
Passano le prime due ore, che sono poi quelle in cui dovrei star lì e andare via ma la fila si rigenera come una hydra e io continuo a scodellare roba in pentola e a porgere coni agli astanti-paganti e sudo dentro la mia divisa da sciéffighetto e dopo due ore extra il riso finisce e sono costretto a dire Stop Alle Telefonate! e vorrei moltiplicare i risi e i gazpachi come fece secoli fa un noto trentatreenne ma questa dote non rientra tra le mie abilità. É tutto finito, il riso, il gazpacho, la mia permanenza dietro ai fuochi del Biroccio. Sigh, sob, tiro su col naso, tolgo la divisa e rimetto gli abili civili.
Ma faccio un passo indietro in questo avventuroso racconto e torno alla fase di sperimentazione di questo piatto. Più che altro perché il vero senso di questo post non è farmi le seghe allo specchio decantando le mie gesta bensì narrarvi, miei cari follouà alla lettura, la ricetta in questione che mi è stata richiesta a più riprese.
Bene, prima vi dico come l’ho pensato, poi come l’ho fatto.
Per non sovraccaricare di sapori il piatto, ho dovuto apportare delle opportune modifiche al gazpacho e sottrargli l’acidità (aceto, c’è già la sfumatura del riso con vino bianco a sostituirlo) e quei sapori che a volte il pubblico non gradisce (cipolla e aglio: ricordo che il piatto è stato creato per essere venduto a una clientela occasionale). Ho tolto anche il pane raffermo che serve a dare consistenza alla zuppa, ci pensa l’amido del riso ad addensare.
Fatte queste precisazioni, questa è la lista degli ingredienti necessari per coniare del Risotto al gazpacho per 4 persone (voi, se volete, cipolla e aglio aggiungeteli ugualmente in base al vostro gusto)
– 400 g di riso carnaroli
– burro chiarificato
– 1,5 l di brodo vegetale (fatto con 3 carote, una cipolla, 2 gambi di sedano, foglie di alloro, sale)
– uno scalogno
– mezzo bicchiere di vino bianco fermo
Per il gazpacho
– 3 pomodori rossi
– un peperone rosse
– 2 cetrioli
– foglie di menta a piacimento
– olio extra vergine d’oliva
– la scorza grattugiata di un lime per rifinire il risotto
– sale
– pepe, se vi va
Start: brodo vegetale. Solita tiritera, lavo e pelo le verdure, caccio in una pentola con acqua fredda che porto a ebollizione, dopo 45 minuti dalle blblblblblmillebolleblu spengo, filtro, aggiusto di sale.
Gazpacho, veniamo a noi. Si fa tutto a crudo come ben saprete. Lavo ma non sbuccio niente, anche il cetriolo lo lascio vestito sia perché mi ha confessato che si vergogna a mostrarsi ignudo, sia perché la sua nota amarognola m’aggrada. Lo taglio a tocchetti con pomodoro e peperone, trito la menta e metto tutto in un frullatore amorbidendo con un po’ d’olio extravergine d’oliva. E via con lo sfracello: frlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrl. Frullo tutto, aggiusto di sale, metto da parte.
La vita è difficile, raga, ma io non m’arrendo di fronte alle avversità (non so perché scrivo ciò, in verità sono di buon umore).
E allora faccio il risotto. Nel mio fido tegame di rame stagnato sciolgo una noce di burro chiarificato, soffriggo dolcemente lo scalogno, fiondo il riso affinché si tosti, lo annego col brodo vegetale, 17 minuti di cottura e lui è al dente. Aggiusto di sale e manteco con una lauta noce di burro chiarificato.
Attenzione, però, la mantecatura non finisce qui. Perché mica ho fatto il gazpacho per ficcarmelo nel. Sì, proprio lì. La zuppa ha rilasciato un bel po’ d’acqua ma non temo nulla perché una volta versato nel riso l’amido di questo assorbe tutto e crea una cremina avvolgente, sinuosa, che quasi ti balla il tip tap sulle sopracciglia. Rifinisco spolverizzando il tutto con della scorza di lime grattugiata. Mica si cazzeggia qui.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: non conosco band spagnole che mi piacciono, potrei proporre un album di Julio Iglesias ma mi sta sul cazzo. Quindi vado di roba ganza: The Black Heart Procession & Solbakken, In The Fishtank 11, annata 2004