La prima volta che intercettai la musica dei Massive Attack era la fine del 1997, Mezzanine doveva ancora irrompere sulla scena e io stavo ore piazzato davanti a TMC2 col pollicino pronto a premere il tasto REC del telecomando del videoregistratore. Sì, mi facevo compilation di video in VHS.
Sbucò il videoclip di Risingson e i miei 3 neuroni spelacchiati si guardarono negli occhi sgranati e con mascella spalancata urlarono UAAAAAAAH!
Cazzo, avevo 14 anni, mi cibavo di Nirvana e Soundgarden e l’altra band-spartiacque della mia adolescenza, i Tool, li avrei scoperti solo qualche mese più tardi. Quella canzone mi aprì la zucca in due, non avevo mai sentito una musica tanto minacciosa priva dell’impatto furibondo del rock. Il basso danzava asciutto nell’ombra e il cantato di 3D e Daddy G era pacato ma guardingo, in attesa di un’inevitabile catastrofe. Infatti nel video arriva qualcuno, non si sa bene chi, il finale è iper ansiogeno.
Figata, ero davvero su di giri. Non c’era internet, potevo solo informarmi acquistando riviste e così feci fino all’aprile del 1998 quando uscì Mezzanine e lo presi a scatola chiusa.
Credo che ciò che più mi affascina sono le loro melodie semplici eppure mai banali, i suoni sempre riconoscibili ma mai anacronistici – anche nel recente ep Ritual Spirit. Riescono a toccarmi le corde dell’anima nel profondo come pochi, c’è una parte di me, molto oscura, che trova rifugio nei loro paesaggi sonori.
Mi è parso quindi doveroso inaugurare la mia nuova rubrica Piatti Sonori con una ricetta forgiata sulle suggestioni che la musica dei Massive Attack mi suscita.
Questo piatto nasce così.
Ho pensato all’andatura strisciante e ai suoni avvolgenti di alcune loro canzoni, mi è spontaneo associarli ai tentacoli di un enorme mostro abissale. Inertia Creeps si muove subdola avvolta in un’aura minacciosa e non di rado ascoltandola ho immaginato un mostro abissale che agita i tentacoli con movimenti ipnotici. Da qui sono giunto al primo ingrediente: il polpo.
A cui però voglio conferire una particolare sfumatura. Non lo sbollento ma lo braso, in modo da ottenere croccantezza e morbidezza nel contempo. Sebbene contenga un sample dell’opera Principe Igor del compositore russo Alexander Borodin, sin dal titolo Karmacoma svela una profonda connessione con l’immaginario orientale. Così tiro fuori il tulsi, il basilico sacro della religione induista legato al culto di Vishnu. L’ho beccato nell’emporio indiano di fiducia in filtri da the, poco prima che la cottura termini sfumo il polpo con l’infuso per dargli un tocco speziato.
Per dar forma ai bassi profondi e dominanti su cui si reggono gran parte degli arrangiamenti, come quello di Angel, ho bisogno di un elemento molto scuro nel piatto. Ho dei ceci neri che hanno un sapore molto più minerale rispetto a quelli normali, ma avendo l’interno marrone chiaro, una volta frullati, la purea assume tinte ocra scuro.
Per inscurirlo ulteriormente uso qualche goccia di nero di seppia, ne bastano poche per un buon effetto cromatico che non rovini il sapore dei ceci.
Ma la musica dei Massive Attack vive di contrasti. Se il tessuto strumentale è torvo, spesso gli elementi vocali sono suadenti, eterei e richiamano tonalità lucenti, soprattutto quando a intervenire sono voci femminili.
Inoltre Robert Del Naja ha radici napoletane e, toh, mi sbuca da sotto il tavolo, zampillante, una mozzarella di bufala che crea contrasto sia all’occhio che al palato con un pizzico di acidità.
Bene, onanismo mentale ne ho già fatto abbastanza, i fornelli scalpitano e mi fiondo per dar vita a sto benedetto polpo brasato al the tulsi con crema nera di ceci e mozzarella di bufala.
Per 4 esseri umani vogliosi di provare siffatta esperienza palatale che ingredienti ci vogliono, oltre a tutti gli album dei Massive Attack? Questi:
– un polpo da 1 kg
– 2 bustine di the tulsi
– 300 g di ceci neri secchi (ma se non li avete, tanti saluti, vanno bene anche quelli d’uso comune)
– qualche goccia di nero di seppia
– brodo vegetale (1,5 l d’acqua con 3 carote, una cipolla, 2 gambi di sedano)
– salvia e rosmarino
– uno spicchio d’aglio in camicia
– 4 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
– una mozzarella di bufala
– sale
Inizia tutto il giorno prima. Tengo per 24 ore in ammollo i ceci cambiando due volte l’acqua. Se non volete sbattervi con questa operazione poco 2.0, usate dei ceci in lattina precotti. Io sono un imbrattafornelli old style.
Il giorno dopo. Preparo un brodo vegetale con sedano, carota e cipolla in 30 minuti, poi riscaldo due cucchiai d’olio extravergine d’oliva in un tegame con rosmarino, qualche foglia di salvia e uno spicchio d’aglio vestito, rosolo i ceci per circa 6 minuti e poi li copro versando il brodo caldo. Cottura di 2-ore-due senza pentola a pressione, aggiungendo mestoli di brodo quando il liquido evapora.
Agguanto il mio fido frullatore a immersione e frullo pure le pareti della cucina. In verità solo i ceci, ottenendo così una crema densa ma non troppo. Se s’asciuga assai, un colpetto di brodo e passa la paura. Devo tingerla però sta crema, così mi bastano 8 gocce contate di nero di seppia. Potete usare quello già pronto in bustina – che è poco gourmet, me ne dolgo – ma se siete intrepidi evisceratori di seppie, prendetene una ancora zozza d’inchiostro ed estraete la sacca. Saltatela giusto pochi secondi in padella con pochissima acqua per diluire l’inchiostro che verserete sulla crema.
Aggiusto di sale e metto da parte.
Polpo, veniamo a noi. Sei già pulito perché in pescheria fanno il loro dovere quindi ti lavo per benino e do fondo a tutta la mia più assoluta crudeltà recidendoti i tentacoli, togliendo la parte con occhi e beccuccio (che getto via), tagliando a tocchetti la testa. Questo è il momento più raccapricciante dell’intero copione ma finisce subito perché in un tegame di rame scaldo due cucchiai di olio extravergine d’oliva con due rametti di rosmarino, quando parte un cordialissimo sfrigolio, waaa-taaaaa, lancio tentacoli e testa di polpo in padella e faccio rosolare a fiamma vivace. Qui il tempo di cottura è basilare per non masticare poi un chewing-gum. Ci vogliono 18 minuti esatti, quindi continuo a rosolare il polpo, se s’asciuga aggiungo pochissima acqua calda e, nel frattempo, preparo il the.
Il tulsi non ha caffeina né teina, quindi lo faccio abbastanza concentrato. Faccio sobbollire 150 ml d’acqua e metto due filtri in infusione. Giunto a 12 minuti di cottura del polpo – sì, cucino coi cazzo di cronometri – verso 100 ml di the sul polpo in cottura – gli altri 50 me li bevo o forse sono già evaporati – e con i restanti 6 minuti tutto il liquido s’asciuga, il cefalopode assorbe l’aroma dell’infuso e in cucina c’è un odore che non sto qui a dirvelo. Spengo la fiamma e aggiusto di sale.
Non dimentico mica la mozzarella di bufala a temperatura ambiente, ne stacco alcuni pezzetti con le mani a cui do una sghemba forma sferica e posso adesso disporre tutto sul piatto.
La crema nera di ceci sul fondo, i tentacoli del polpo che s’intrecciano, qualche pallina di mozzarella.
Il sapore globale è delicato e sta tutto in equilibrio. Il polpo è arricchito dalla sfumatura floreale-amarognola del the e le parti terminali dei tentacoli sono molto croccanti. Il nero di seppia neanche s’avverte e i ceci sorreggono bene il polpo, d’altronde l’accoppiata è famosa. La mozzarella schiarisce il bolo con la sua nota lattea e dona un pizzico di acidità nonché di freschezza, se non si esagera con le dosi il matrimonio col polpo, sebbene sulla carta appaia fuori luogo, si rivela azzeccato.
Stay tuna