Durante la mia vacanza londinese ho vagato per diversi musei, scroccando la gratuità dell’ingresso. Piombato alla National Portrait, al piano terra mi sono imbattuto nella mostra del National Portrait Award 2015, esposizione di pittori emergenti che è invero una gara che consentirà al vincitore di beccarsi un premio di 25.000 sterline. Prima che la vigilante mi beccasse con l’obiettivo puntato su uno dei tanti quadri esposti, impedendomi con un cordiale “No photos, please” di continuare il mio personale book, nella prima stanza becco questo dipinto di Ian Cumberland.
Irlandese nato nel 1983 – uèè ciccio, siamo coetanei – ha dipinto questo quadro in un periodo molto complicato in cui si sentiva depresso. La scena di lui, perché è un autoritratto, che annega in una vasca da bagno è una metafora della risalita e dell’acquisizione di controllo sulla propria vita. M’è piaciuto tanto questo quadro che mi sono messo sulle sue tracce, ho fatto qualche ricerca sul web, non c’è moltissimo ma nei suoi ritratti c’è sempre una nota di inquietudine e i volti raffigurati, con le loro pose, narrano storie e instaurano contatti profondi con l’osservatore. Lui stesso vuole indagare la molteplice e volubile natura dei rapporti umani e ci riesce in pieno, magari condendo la scena con dettagli surreali. Questo è il suo sito, il ragazzo ha stoffa: www.iancumberland.com/
Che incipit culturale, santiddio, mi sta crescendo il cervello, spinge la pareti del cranio, vuol fuggire da un corpo ignorante che non merita di ospitarlo. Non so proprio come fermarlo quindi prima che mi lasci con la testa vuota devo darmi una mossa e narrare la nuova ricetta del mio blogghe e spiegarne l’antefatto.
So che hai letto il titolo e hai pensato: oh, millefoglie, già vista. Ok, è vero. E hai pensato anche: oddio, la platessa, pesce sfigatissimo che non sa di nulla. Schifo, crepa Uomo Senza Tonno Ma Con Tanta Sfiga. Eh no, devo contraddirti, oh tu che sei alla lettura. La platessa è un pesciolino bistrattato dalle tavole italiane. Non ha un sapore bestiale, va cotto con cura e lo si associa sempre a uno sbiadito filetto lesso rifilato durante la degenza per febbre o spruzzini di culo vari o delle deprimenti lastre surgelate che mettono paranoia solo a guardarne la confezione da dietro la porta del frigo del supermercato. Ma io sto dalla parte dei più deboli e voglio nobilitare la platessa con una ricetta che, ti giuro, la faccio in 25 minuti contati e viene una cosa da leccarsi baffi, ascelle e sopracciglia.
Per fare tutto ciò, si deve fare una microspesa che consta nei seguenti ingredienti, con le seguenti dosi:
– 100 g di platessa sfilettata
– 100 g di fichi freschi
– qualche grano di pepe di Sechuan
– 20 g di nocciole (le avevo in casa)
– farina di grano tenero
– un cucchiaio di olio extravergine d’oliva
– una noce di burro chiarificato
– sale
– zucchero
Spiegazione della ricetta. Facilissima.
Lavo e taglio i fichi in quattro, scaldo un cucchiaio di olio exravergine d’oliva in padella e catapulto i giovani frutti tetra-divisi a farsi una bella soffrittata, allungata da un bicchiere d’acqua calda. In 10 minuti i fichi sono abbastanza poltigliosi, sistemati con sale e zucchero.
Acchiappo qualche grano di pepe di Sechuan e li schiaccio al mortaio. Perché sto pepe? Non potevo usarne uno normale che si trova pure dallo Zio Gaetano? No, è una scelta ponderata per il sapore di questa bacca che ha un vago retrogusto di limone, molto leggero. Se non lo trovi, attaccati o usa il pepe rosa, che però è più forte e devi dosarlo per bene.
Frullo i fichi appoltigliati e aggiungo il pepe macinato.
In una padella tosto le nocciole intere che poi riduco a granella sempre col mortaio di cui sopra.
Mi resta solo da cuocere la platessa. Infarino il filetto e lo piazzo sfrigolante in una pozza di burro chiarificato, dentro una padella. Basta un minuto per lato a fiamma alta e il pesce è pronto. Aggiusto di sale e creo la mia cazzo di millefoglie alternando strati di pesciolino e paté di fichi.
Nella foto ce n’è più di quello che ne andrebbe, se esageri la platessa sparisce dalla geografia gustativa del piatto, mettendone un solo cucchiaino per strato arriveranno prima i fichi e poi la nota burrosa del pesce, oltre al pizzichino di tostatura delle nocciole. Insomma, è robbabbuona.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: voglio accompagnare la delicatezza di questo piatto con un altrettanto delicato dischetto di quelli che dici Be’, fico e leggero. Ci sta una roba hipster, un bel The XX, XX, annata 2009.