Potrei inaugurare questa nuova epopea senzatonnesca con un’acrobatica dissertazione sulle quisquilie economiche dell’Europa dei tecnocrati, ma non ho voglia. Potrei partire piuttosto da quegli organismi monocellulari che a Roma e Treviso hanno mostrato quanto in Italia il razzismo e il fascismo siano problemi grossi e attuali che si traducono in handicap sociale e minorazione mentale, ma cosa c’entra con la ricetta? Potrei allora inveire contro la dirigenza della Roma che al 20 luglio non ha ancora costruito una squadra che mastica gli avversari e li sputa per terra, ma anche lì, perché partire facendomi il sangue marcio? Parlo dell’ultimo libro che ho letto? Be’, stavo leggendo La Scopa del Sistema di David Foster Wallace ma a 200 pagine dal traguardo ho alzato le ascelle in segno di resa: non è il periodo giusto. Avendo poi 33 gradi costanti qui a casa, ho bisogno di libri illustrati, libri tattili per marmocchi di 3 anni o dei pop-up. Roba semplice, insomma, che altrimenti mi si liquefanno le meningi. Posso comunque dire che l’ultimo disco dei Refused mi ha depresso e che la seconda stagione di True Detective non l’ho ancora iniziata. Insomma, non ho un cazzo da dire, gioventù, quindi è meglio che passi direttamente all’azione, come i Very Uominy Risoluty.
Chi ha detto che il risotto è una roba da bacucchi invernaioli e che d’estate non si può mangiare preferendogli quelle insulse insalate di riso con sott’aceti che ti corrodono le papille gustative e i tocchetti di wurstel-mannaggia-a-voi-vi-dovrebbero-denunciare sparsi come pois tossici e magari un po’ di tonno in scatola al mercurio che un po’ di malattie-perché-no e c’è chi ci mette pure la maionese, tipo io quando ero marmocchio e mi piaceva pure tanto infradiciare con grassi saturi la mia cazzo di insalata di riso. Sì, lo so, robe da terrorismo culinario. Ma siccome adesso sono un ometto responsabile, ho deciso di non fare più minchiate con le insalate di riso, me le preparo con gli ortaggi freschi di stagione e chi s’è visto s’è visto.
Comunque sia, oggi volevo narrarti la creazione di questo risotto ma temo che il mio cervello non mi consenta di andare avanti, piuttosto ha inciampato sulla questione insalata di riso. Concedimi due minuti che lo minaccio di morte, si caga addosso e mi lascia procedere con la dissertazione risottesca.
Un minuto.
Due minuti.
Puntualissimo, dopo aver messo una testa di porco mozzata davanti la porta del mio cervello che così mi lascia libero di raccontare la ricetta di oggi, posso raccontarti la ricetta di oggi. Ovvero, un risotto con crema di melanzane e caprino, pesto di basilico e mandorle.
É tutto facilissimo se in casa hai i seguenti ingredienti (dosi per una persona):
– 90 g di riso vialone nano
– una melanzana dell’orto del mio caro compare Alberto Bianchi
– 50 g di formaggio caprino fresco Mauri
– 90 g di basilico fresco
– una manciata di mandorle non pelate
– olio extravergine d’oliva
– grana padano grattugiato
– due carote, una cipolla, un gambo di sedano e baccelli di piselli freschi
– una noce di burro chiarificato
– mezzo bicchiere di vino bianco
– sale fino e grosso
Senza tergiversare, Giarratana o Uomo Senza Tonno che tu sia, procedi con l’enunciazione del procedimento, dice una voce fuori capo che somiglia a quella di Uan di Bim Bum Bam.
Vado! rispondo io solerte.
Parto dal pesto. Fa caldo e non ho voglia di disidratarmi e svenire e morire in nome della tradizione, quindi niente mortaio ahimé, ma minipimer. In una ciotola verso le foglie di basilico lavate e asciugate, un po’ di sale grosso, parto col frullaggio, verso l’olio a filo e poi le mandorle e il grana grattugiato. Come non avrai notato, non c’è aglio perché nell’insieme del piatto potrebbe rovinarmi tutti gli equilibri e quando mi si rovinano gli equilibri mi si gonfiano le sfere genitrici. Il pesto è pronto.
Melanzane lavate e tagliate a cubetti adagiate in una padella a freddo così che, una volta accesa la fiamma il calore penetri dolcemente all’interno e si cuociano per benino, tutti sti cubettini stronzettini. Ah, metto un filino d’olio. Lascio andare per una decina di minuti, poi allungo con un po’ di brodo vegetale, sì, perché ho già preparato il brodo con carote, sedano, cipolla e baccelli di piselli. Perché i baccelli dei piselli? Perché rendono il brodo mooooooolto più saporito: provalo.
I cubetti di melanzana sono pronti e posso frullarli per creare una crema, che sarà degna di questo nome quando verserò anche il caprino, cosa che faccio e quindi cosa succede? Ottengo una crema che aggiusto leggermente di sale.
Vado col risottame. Un trito di cipolla rossa che non era nella lista degli ingredienti, rosolo in una noce di burro chiarificato, aggiungo e tosto il riso che sfumo con un bicchiere di vino bianco, sale la vampazza alcolica che soffio via come fanno i bimbi quando tentano di raffreddare la pappa incandescente e procedo col brodo, mestolini e mestoletti finché il risotto non è pronto. Tolgo dalla fiamma, aggiusto di sale e aggiungo la crema di melanzane e caprino. Manteco per bene e, una volta impiattato, aggiungo un po’ di pesto di basilico e mandorle, non troppo altrimenti mi si rovinano gli equilibri nel piatto e urlo e spacco i vetri e lancio cose per strada e dico le parolacce.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: il risotto, nella mia fragile psiche, rientra nel rango dei piatti eleganti e delicati anche se lo si prepara con gorgonzola e salsiccia e lo si bomba di burro ma guai a chi ci infila il brodo col dado, che gli cadessero le unghie. Quindi per un piatto delicato ci vuole un disco delicato, il corollario perfetto è: Four Tet, Rounds, annata 2003