Hai presente quelle volte che non hai il guizzo per iniziare un pezzo? Qual è il sistema migliore per attivare la favella? Scrivere che non avevi il guizzo per iniziare. Come vedi sono già a due righe di testo e non ho detto un cazzo se non che non sapevo come iniziare. E sono ancora impelagato in questo circolo vizioso di assenze creative. Ma voglio andare dritto al punto. Cioè, il punto sarebbe la ricetta, ma prima voglio cincischiare con qualcos’altro. Tipo le illustrazioni di Alfred Kubin. Non sto qui a riscriverne la biografia, dico solo che è nato in Boemia nel 1877 e della sua gioventù, soprattutto della sua infanzia si sa poco. Di certo Kubin era un tipo particolare, come testimonia la sua produzione. Pittore conosciuto più per le sue illustrazioni, ha dato sfogo alle sue alienanti visioni oniriche, ha tolto il tappo all’abisso del suo inconscio e ciò che ne è emerso è stato un mondo diabolico fatto di demoni, donne sessualmente maligne, falli giganteschi, animali provenienti da arcane fiabe a pessimo fine. Fiumi di inquietudine si riversano in queste immagini, anticipando gli incubi surreali di Zdzislaw Beksinski. Kubin ha scritto anche alcuni romanzi, il più conosciuto è L’altra parte che viene considerato come il primo romanzo espressionista. Qui le sue spaventose opere. É morto nel 1959.
Forse Kubin non è il massimo per stimolare l’appetito, ma gli impavidi non si lasciano intimidire da nulla e si fiondano a tavola con la bava colante sprezzanti delle storie spaventose che gli vengono servite come ante-pasto. Quindi, che faccio, cucino? Sì, dai, che a fare il seriosegaiolocriticodarte mi sono rotto i cabbasisi.
Ho trovato la farina di ceci che cercavo da un pezzo a Milano ed è da altrettanto un pezzo che mi balena nella zucca l’ipotesi di farci delle crepes. Così colgo la farina al balzo e la pianto in una ricetta nuova di zecca: crepes di ceci con paté di carciofi e olive, yogurt greco aromatizzato al basilico.
Vabbè, potevo risparmiare di riscriverla, tanto stava già nel titolo. Adesso te la espongo, non prima di aver presentato la lauta sfilza di ingredienti necessari per la faccenda (dosi per due capocce)
– un uovo
– 150 cl di latte scremato
– 80 g di farina di ceci
– 4 carciofi violetti
– olive nere
– brodo vegetale (con sedano, carote e cipolle)
– 170 g di yogurt greco
– foglie di basilico
– olio extravergine d’oliva
– sale
Dai, parto.
La prima roba che faccio è lavare e tritare il basilico e unirlo allo yogurt greco, che poi ficco in frigo per un bel paio d’ore.
Pastella. Rompo l’uovo in una ciotola, aggiungo il latte e la farina setacciata, incorporo per bene con frustate che neanche ai tempi della tratta degli schiavi così evito la formazione di grumi, aggiusto di sale, copro con uno strappo di pellicola e caccio in frigo per un’oretta.
Paté d’animo. Ok, fa schifo come battuta, ma lasciami interpretare la parte dell’imbecille senza stigmatizzarmi, già basta Padre Pio di stigmatizzato. La smetto, sì. Patè: pulisco i carciofi con tanto di guantini-antiannerimentomani, devo dire come faccio? Tolgo le foglie, sbuccio il gambo, lo taglio a tocchetti, spacco il fiore a metà, tolgo tutte le parti dure, la barbetta interna, taglio a fettine e immergo tutto in una ciotola con acqua fredda in cui ho spremuto un limone per evitare che il carciofotto si ossidi.
In una pentola ho il brodo vegetale già caldo, in una padella scatafotto due cucchiai di olio extravergine d’oliva che riscaldo e poi ci svagono sopra i carciofi tagliati che faccio rosolare finché non sono dorati e inizio a cafuddare (siciliano, vuol dire “picchiare”, ma in questa sede è “versare con ardore”) il brodo e lascio andare a fiamma vivace per 12 minuti circa. Tolgo dalla fiamma e verso i carciofi in una ciotola e li frullo col mio fido minipimer: frlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrl.
Trito le olive, che ho denocciolato io stesso, o meglio, non le ho denocciolate, le ho semplicemente affettate lateralmente togliendo poi il nocciolo. Una volta tritate ste cazzo di olive, le aggiungo ai carciofi frullati e aggiusto di sale.
Devo solo fare le crepes, adesso. In una padella antiaderente ci busco sopra una micronocciolina di burro chiarificato e, dopo aver tirato fuori l’impasto dal frigo, verso un mestolo alla volta, quando è addensato giro la crepes, insomma, devo stare a spiegare come minchia si fanno le crepes? No. Cerca i tutorial. O guarda la MIA UNICA VIDEORICETTA.
Adesso assemblo il tutto. Due cucchiai di paté di carciofi e olive in mezzo a una crepes aperta che poi arrotolo e sopra parcheggio una sorta di quenelle di yogurt al basilico. Non mi pare manchi nulla, ho detto tutto.
Stay tuna
– Il Disconsiglio: be’, qualcosa di quieto e morbido che stia bene con l’altrettanto morbida crepes, che ha un bel po’ di sfumature di sapore ma tutte tenute assieme dalla contiguità. Che ci abbino allora? Un bel Vic Chesnutt, Ghetto Bells, annata 2005