Ieri sera, dopo aver visto Boyhood al cinema, vado a farmi una birra con gli amici Grrrrda e Al Fayer e il secondo, durante uno scambio di idee, estrae dal suo cilindro linguistico la parola ULTRONEO (in verità disse “ultronee”). Poi chiedo al Grrrrda se l’avesse mai sentita e lui conferma la presenza dell’oscuro vocabolo anche nel suo lessico. Ammessa la mia manifesta ignoranza, chiedo cosa volesse dire e tornato a casa, non ancora pago e con l’eco rimbalzante del suono prorompente di quella parola tra le pareti della mia testa, ho cercato sul dizionario. Sul cartaceo, ché io sono antico. Dato che non posso scannerizzare la pagina, se clicchi qui saprai anche tu cosa vuol dire ULTRONEO.
Potresti introdurre questa strabiliante parola in una di quelle conversazioni da rimorchio che si trasformano in soliloqui o meglio t-attacco-la-pezza nel tentativo di conquistare il cuore, comprensivo di ventricolo e aorta, del lui o lei che t’intriga. Faresti una figura da Vero Colto. Oppure potresti saltare a pie’ pari lunghe discussioni di cui non frega nulla a nessuno, in primis a te e balzare immediatamente al passaggio successivo inoltrando un invito a cena. Ma notoriamente L’Uomo Senza Tonno non è tipo che acchiappa, né con le pezze, né con le cene, quindi prendi i suoi consigli con le pinze. Però, se vuoi tentare la sorte e fare la figura dello chef ganzo, ti propongo questa ricetta con cui inauguro la rubrica-rimorchio “Se vuoi fare il fiqo, usa l’Uomo senza Tonno: Cracco, spostati per cortesia, grazie” (il titolo si legge con annesso gesto del braccio che sposta l’aria come fosse il corpo di Cracco: palmo della mano verso l’esterno, movimento da sinistra verso destra per i non-mancini. I mancini s’arrangiano).
Vado al sodo. Ero tentato di battezzare questo piatto Tonno Ultroneo, ma le regole del SEO e della ricerca di parole chiave sul web mi impongono di usare un nome umano e comprensibile anche per chi non mastica l’Ultroneità tutti i giorni. Quindi la seguente ricetta ha un nome che per leggerlo tutto ci vuole la bombola d’ossigeno: Tonno ai semi di lino con lardo di Colonnata e salsa al vino rosso, miele e timo.
In principio doveva esserci anche una polvere di cipolla, ma l’operazione di disidratazione a bassa temperatura in forno è fallita. Vaffanculo alla polvere di cipolla.
Se dovessi portare al ristorante la tua preda e doveste entrambi ordinare questo piatto, ti scipperebbero 20 euro a porzione minimo (e se sei maschietto, al ristorante paghi tu, quindi sei ampiamente nella merda, Ciccio). Se lo preparassi a casa, invece, per 2 persone tutto questo ben di Dio ti costerebbe solo:
– 250 g di tonno rosso
– semi di lino
– 4 fette di lardo di Colonnata
– 20 cl di vino rosso Nebbiolo d’Alba
– un cucchiaio di miele millefiori
– mezza carota
– una fetta di cipolla
– mezzo gambo di sedano
– un cucchiaino di amido di mais
Acquisto, versando la corrispettiva pecunia, un bel filetto di tonno fresco e ne ricavo due parallelepipedi. Li accarezzo con dell’olio extravergine d’oliva, massaggiandoli con amorevole cura e li passo nei semi di lino. Questa bella semente si trova ormai un po’ ovunque, ha un colore scuro e un sapore leggermente tostato, personalmente lo preferisco al sesamo (e, se vogliamo essere pignoli, questa ricetta è una sorta di cover del tonno al sesamo). Lascio riposare affinché i semi si attacchino alla superficie del tonno.
Ora giunge la parte più lunga e complicata dell’intera storia: fare la salsina. Trito una fetta di cipolla, mezza carota e mezzo gambo di sedano, verso 20 cl di vino rosso in un pentolino e immergo le verdurine. Accendo la fiamma e porto a ebollizione, facendo evaporare la componente alcolica. Il vino s’è ridotto d’un terzo, tolgo dalla fiamma e immergo il minipimer per frullare. Sì, c’è anche da frullare. Poi passo il tutto al colino e tengo la parte liquida, eliminando così la verdura disintegrata (la mia più grande paranoia è eliminare il sedano che ha delle fibre fastidiose durante la masticazione). Rimetto sul fuoco il vino e aggiungo un cucchiaio di miele millefiori, più è liquido e meglio è, e il timo fresco. Faccio ridurre ulteriormente e aggiungo mezzo cucchiaino di amido di mais stemperato in una tazzina d’acqua per addensare. Tolgo dal fuoco. No sale, no pepe, non mi servono.
Posso procedere col tonnazzo. In una padella incandescente scotto il tonno da tutti e sei i lati. Prendo illardo di Colonnata, figlio d’un porco scannato affinché noi umani potessimo godere del suo adipe conciato e stagionato, avvolgo una fettina su ogni parallelepipedo di tonno a mo’ di fascia lombare e metto inforno per 3 minuti a 180°.
Il lardo s’è congiunto al tonno, ormai sono un corpo solo. Posso disporre sul piatto versando un po’ di salsa sulle estremità dei parallelepipedi. Niente sale in tutta la ricetta, perché già il lardo è abbastanza sapido. E poi la tua preda ti rimprovererebbe che mangiare salato fa male. Evita.
– Il Disconsiglio: un piatto del genere, se lo propini durante una cena romantica, la tua preda ti si scioglie ai piedi e poi devi infilarla nel freezer per farla tornare allo stato solido. Ecco, poi sarà gelata, quindi ci vorrà qualcosa che la riscaldi e le faccia venire i brividini zozzoncelli, per questo, anche per la supersexy Come To Me con Pj Harvey consiglio un Mark Lanegan, Bubblegum, annata 2004