Non pago di aver fagocitato, senza la minima cura della salvaguardia della mia reputazione, una pizza ai 4 formaggi dal diametro di quasi 40 centimetri e averla innaffiata, durante e dopo l’ingozzamento, con diversi contenitori gravidi di birra, mi è parso doveroso non concedere tregua al mio fegato che, a quanto pare, sta redigendo una lettera di dimissioni dal mio corpo per trasferirsi a San Marino. La pizza si è rivesrata nel mio corpo ieri sera, come avrai intuito. L’illuminazione mattiniera, di questa mattina, avvertendo lievi bruciori nell’esofago tipici di una gastrite lavica in divenire, spianava la strada per un bel piatto di verdure lesse disintossicanti. Ma di verdure non-lesse disintossicanti, frugando tra le mie provviste, realizzai di essere sprovvisto. Mi sono rassegnato. Ho diramato una circolare indirizzata al mio giovane amico epatico in cui lo informavo che i bombardamenti, almeno per il pranzo domenicale, sarebbero proseguiti.
Prima di riferirti cosa e come e perché e quando ho alitato la vita su quell’immagine che campeggia lieta al principio di questo nuovo post della mia rubrica L’Inguine allo Scoglio – Fast Post per un Non Fast Foodnella Gonzo Cucina, voglio auto imputarmi le giuste colpe, perché merito di farmi torturare da 5 odalische vogliose che poi non mi tortureranno ma faranno scempio erotico delle mie carni. Oggi ho usato delle cozze surgelate. Sì. Chiedo perdono in ginocchio sui ceci. Chiedo perdono in punta di piedi sulla tavoloccia del cesso. Chiedo perdono col culo di fuori in balcone. Chiedo perdono ai nasi degli astronomi della NASA. Chiedo Nu-venia, nonostante non abbia il ciclo.
Ragazzi, diobono, capita. Non rompete il cazzo, per cortesia. Lo so, dovrei vergognarmi, in effetti, perché così facendo perorerei le tesi beduine della Parodi che incita le mammine merdine e infarcire i loro pargoli futuri diabetici con le purghe surgelate che la posteggiano nel deretano al ciclo stagionale delle materie prime. Ma avevo le cozze in freezer, chissà come ci sono finite lì dentro……………………………………………………….
Be’, in giro ci stanno persone come i Muse che fanno dischi orrendi e non hanno ritegno e nessuno gli infila un palo in culo. Dovrei preoccuparmi di aver usato delle cozze surgelate?
Sì.
Vabbè, fanculo. Oggi è domenica, il giorno di Dio. L’Uomo Senza Tonno sfida l’Ineffabile e si appropria del Suo giorno per concedersi un pranzo degno del suo senzatonnismo: Spaghetti con cozze (surgelate),bottarga e zafferano.
Con ancora la barba stropicciata dal cuscino, verso 3 cucchiai di olio extra-maleducato d’oliva in una padella, raccatto uno spicchio d’aglio in giro per il mondo, tolgo la buccia esterna (che, per fare il figo, chiamo tunica),lo divido in due, elimino l’anima centrale e affetto le due parti che mi rimangono. A fuoco nano, faccio rosolare l’aglio e non appena inizia a colorarsi per via della calura oliacea, tàc, spiattello in padella le cozze, ancora innevate dalla loro condizione di mitili finti e alzo la fiamma a una fiamma post-rachitica.
Pigio con veemenza sui blocchi di cozze bastarde che stanno ancora uniti con un cucchiaio di legno e dopo 3 porcoggiuda, verso anche mezzo bicchiere di vino bianco e alzo ancora la fiamma in modo che questa lambisca il soffitto. Le cozze vanno senza catene per dieci minuti. Poi aggiungo 2 cucchiaini di bottarga di muggine già grattugiata e mescolo incorporandola per bene. Porca bottarga.
L’acqua in pentola bolle e catapulto gli spaghetti. In un micropentolino separo un mestolo dell’acqua di cottura della pasta e vi sciolgo una bustina di zafferano.
Scolo la pasta almeno due minuti prima che raggiunga il giusto stato di cottura, è quindi allo stato-gengiva quando la spingo sotto le rotaie della metro… no no, la lancio nella padella per farle fare 19 salti e scodello pure lo zafferano sciolto. Salto di qua e salto di là, quiquoquà, è una trallallera di salti e mi concedo altri due cucchiaini di bottarga, dato che il mondo intero me lo chiede. Ho finito, metto nel piatto e mi armo di forchetta, che mi pare la cosa più logica dopo tutto sto casino.
– In ascolto: Martin Grech, March Of The Lonely